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Fabrizio Gifuni: l’arte di interpretare memorie e fallimenti.

Fabrizio Gifuni: l’arte di incamarsi alle memorie, tra fallimenti e nuove sfide“Fallire sempre, fallire ancora, fallire meglio.

” Questa frase di Samuel Beckett, più che un tatuaggio, sembra un mantra per Fabrizio Gifuni, un attore che ha costruito una carriera sulla capacità di incarnare figure complesse, spesso tormentate, che risuonano con la fragilità dell’esistenza umana.
Un’etica del fallimento che lo guida, come ammette, alimentata da un’insoddisfazione cronica, un motore propulsivo che lo spinge a superare i propri limiti.

L’attore, noto per la sua profonda umanità e il suo stile interpretativo intenso, è ora immerso nella preparazione del ruolo di Enzo Tortora per “Portobello”, la serie evento prodotta da Warner Bros.

Discovery per la piattaforma streaming HBO Max, un progetto ambizioso che ripercorre uno dei più ingiusti errori giudiziari italiani degli anni ’80.
La serie, scritta da un team di autori di talento e prodotta da realtà editoriali di spicco, si preannuncia come un’opera di grande respiro, capace di scavare nel profondo delle ferite della giustizia e della memoria collettiva.

Gifuni, parlando della sua esperienza, descrive il ruolo come una “nuova avventura umana”, un percorso difficile ma stimolante che lo mette a confronto con la complessità di un personaggio reale, vittima di pregiudizi e di un sistema giudiziario fallace.
Questo processo si inserisce in un percorso artistico che lo ha visto incarnare figure storiche di enorme rilevanza: Aldo Moro, Franco Basaglia, Luigi Comencini.

Personaggi che, come confessa l’attore, lasciano un’impronta indelebile, componendo un mosaico di storia contemporanea che riflette le contraddizioni e le ambiguità del nostro tempo.
Gifuni, però, non si limita a interpretare figure storiche.
Ha anche vestito i panni di personaggi di fantasia, come Nino Sarratore ne “L’Amica Geniale” o La Belva di Ludovico Di Martino.

Tuttavia, è evidente che la profondità emotiva e intellettuale che l’attore riesce a imprimere ai personaggi reali è qualcosa di unico, un dono che gli permette di creare un legame profondo con il pubblico.

La sua interpretazione si basa sull’incontro tra il sé dell’attore e l’essenza del personaggio, una sorta di dialogo interiore che porta alla luce la verità nascosta.
“Un incontro tra i due vissuti e i due corpi, tra la mia anima e quella del personaggio”, spiega Gifuni, sottolineando il carattere misterioso e affascinante di questo processo creativo.
L’attore non ha perso la passione per il mestiere, anzi, è sempre alla ricerca di nuove sfide.

La collaborazione con Marco Bellocchio, che lo ha diretto in quattro occasioni, è stata fondamentale per la sua crescita artistica.

È la scoperta di nuovi talenti, come Romana Maggiora Vergano, a generare in lui un’emozione particolare.

Ripercorrendo il suo viaggio artistico, Gifuni menziona “La meglio gioventù”, un film che racchiude la freschezza e l’intensità di un’esperienza condivisa con i colleghi.

Il futuro si prospetta ricco di impegni teatrali, con la riproposizione di opere dedicate ad Aldo Moro e Pasolini, per mantenere vive le memorie del passato.

La sua carriera è una testimonianza della potenza dell’arte di interpretare l’umanità, con le sue fragilità, i suoi errori e le sue infinite possibilità di redenzione.

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