San Sperate, un microcosmo artistico incastonato nel cuore del Campidano, a breve distanza da Cagliari, si erge come un esempio unico di resilienza culturale e sperimentazione sociale. Questo borgo, con la sua popolazione ridotta, ha saputo trasformarsi in un vibrante museo a cielo aperto, un palcoscenico per l’espressione creativa grazie all’iniziativa visionaria di Pinuccio Sciola, maestro scultore delle pietre sonore, e di una comunità di artisti che hanno plasmato il paesaggio con oltre cinquecento murales, innumerevoli sculture e installazioni. L’eredità di Sciola, padre spirituale di questo spazio, ha stimolato un processo di rigenerazione urbana che ha visto la nascita di un modello di arte pubblica innovativo, un atto di coraggio che ha prefigurato pratiche simili in tutta Italia.Tuttavia, l’immagine idilliaca di San Sperate è oggi offuscata da ombre di degrado e inerzia amministrativa. L’aura di originalità e l’attrattiva internazionale che un tempo contraddistinguevano il borgo sembrano affievolirsi, minacciate dall’abbandono e dalla mancanza di visione politica. Questo malessere si manifesta in maniera tangibile, con murales sbiaditi, opere danneggiate e un generale senso di precarietà che avvolge il paesaggio artistico.Per denunciare questa situazione, un gruppo di artisti, guidati da Maria Sciola, figlia di Pinuccio, e sostenuti da associazioni culturali locali, ha organizzato una toccante azione di protesta, “Nero lutto”. Il gesto simbolico di avvolgere il Monumento della frutta, opera iconica firmata da Sciola e Angelo Pilloni, con teli neri, e di appenderre flebo sui murales, evoca un senso di dolore e di perdita, un lamento per l’abbandono di un sogno. La decisione di non aprire al pubblico il Giardino Sonoro, un’esperienza unica che aveva affascinato visitatori e operatori televisivi da tutto il mondo, rappresenta un ulteriore segnale di allarme, un rifiuto di esporre un patrimonio artistico in condizioni di tale fragilità.“L’amarezza nasce dalle risposte mancanti, dall’incapacità di affrontare con concretezza i problemi che affliggono il decoro e la conservazione del paese,” confessa Maria Sciola, esprimendo un senso di frustrazione condiviso da molti. La promessa di un’utopia artistica, nata come uno dei primi esempi di arte pubblica in Italia, sembra essersi dissolta sotto l’onda di speculazioni edilizie che stanno ridefinendo il volto del borgo, soffocando il potenziale inespresso di San Sperate. La protesta non è solo un grido di dolore, ma anche un appello urgente a riscoprire il valore del patrimonio artistico e culturale, a investire in un futuro sostenibile che riconsegni a San Sperate il ruolo di faro creativo e modello di rigenerazione urbana.