Latte Ovino Sardo: Prezzi in calo, allevatori a rischio

La questione del prezzo del latte ovino sardo, un tema che ha segnato profondamente il tessuto sociale ed economico dell’isola, riemerge con forza.

A distanza di anni dalle drammatiche manifestazioni che videro il latte riversato sulle strade come atto di protesta contro condizioni ritenute insostenibili, gli allevatori si trovano nuovamente a fronteggiare una situazione di incertezza, esacerbata dalla recente stipula dei primi contratti per l’acconto del prezzo.

Il cuore della preoccupazione risiede in un brusco ridimensionamento economico, quantificato in 10 centesimi rispetto alla passata campagna di conferimento e, ancor più allarmante, in ben 20 centesimi se confrontato con i valori del biennio 2023-2024.
Questo decremento, seppur apparentemente marginale, incide significativamente sulla tenuta economica degli allevamenti, già gravati dall’aumento generalizzato dei costi di produzione, dai carburanti all’alimentazione del bestiame, passando per le energie.
Nenneddu Sanna, figura storica nella rappresentanza dei pastori durante le proteste del 2019, sottolinea come questi pochi, ma cruciali, centesimi in più rappresentino una linea di sbarramento indispensabile per permettere agli allevatori di coprire le spese operative.

La discrepanza, inoltre, solleva interrogativi legittimi: se il Pecorino Romano non viene “svenduto” come residuo di magazzino, perché i produttori si ritrovano a subire una diminuzione così marcata?La lettera inviata dal Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, guidato dal presidente Gianni Maoddi, pur esprimendo l’importanza di non compromettere il valore del prodotto attraverso pratiche commerciali scorrette, non riesce a placare le legittime istanze dei produttori.
L’attenzione, ora, è concentrata sulla necessità di un prezzo equo, un riconoscimento del duro lavoro e dell’investimento profuso nella cura del gregge e nella produzione di latte di alta qualità.

L’analisi dei dati CLAL sui prezzi all’ingrosso del Pecorino Romano DOP, monitorati regolarmente sulla Borsa di Milano, rivela una dinamica complessa.

Sebbene il prezzo del prodotto stagionato per almeno otto mesi abbia subito una lieve flessione rispetto ai primi giorni di dicembre, si attestava a 12,25 euro al chilo a gennaio dell’anno in corso, indicando una certa volatilità del mercato.

Parallelamente, si registra un incremento significativo delle esportazioni, in particolare verso gli Stati Uniti (+3,7% rispetto alla campagna precedente), e un andamento positivo anche verso l’Unione Europea (2,3%), mentre il mercato interno mostra una leggera contrazione (-1,2%).
Questi dati, se da un lato evidenziano la vitalità del Pecorino Romano come prodotto agroalimentare di eccellenza, dall’altro alimentano la necessità di un’attenta riflessione sulle dinamiche di mercato, sulla filiera produttiva e sulla necessità di garantire una giusta remunerazione per gli allevatori sardi, custodi di un patrimonio zootecnico e culturale di inestimabile valore.
La sostenibilità del settore lattiero-caseario sardo dipende, in ultima analisi, dalla capacità di conciliare gli interessi di tutti gli attori coinvolti, produttori, trasformatori, distributori e consumatori, in un rapporto di trasparenza e reciprocità.

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