La produzione del Pecorino Romano, fiore all’occhiello dell’agroalimentare sardo, è al centro di una nuova, cruciale contesa con il Ministero dell’Agricoltura, scatenando la mobilitazione degli allevatori e dei pastori dell’isola.
La posta in gioco è la salvaguardia dell’identità del prodotto, un patrimonio secolare che rischia di essere compromesso da interpretazioni distorte del disciplinare di produzione.
Il fulcro della disputa ruota attorno alla definizione delle razze ovine ammesse alla produzione del formaggio DOP.
Gli allevatori, portavoce di una tradizione pastorale radicata, sostengono con forza che per garantire l’autenticità del Pecorino Romano, il latte utilizzato debba provenire esclusivamente da capi di bestiame sardi di razze storiche.
L’introduzione di razze al di fuori di questo contesto, sostengono, determinerebbe una “snaturazione” del prodotto, alterandone le caratteristiche organolettiche e pregi.
La recente modifica del disciplinare, pubblicata il 25 ottobre nella Gazzetta Ufficiale, ha generato profonda frustrazione.
Nonostante le istanze dei pastori, volte a rafforzare il legame tra la produzione del formaggio e le razze autoctone, le richieste di maggiore chiarezza non sono state accolte.
In particolare, l’omissione di un’esplicita clausola che imponga l’utilizzo di latte proveniente dalle razze tradizionali sarde (Sarda, Nera di Arbus, Vissana, Soppravissana, Massese e Amiatina, oltre alla Sarda nel Lazio e Grosseto) ha aperto la porta a interpretazioni che favorirebbero l’immissione di latte proveniente da allevamenti moderni, basati su razze “migliorate” di origine estera.
I pastori denunciano un rischio concreto: l’erosione del sistema di allevamento tradizionale, elemento fondante della Denominazione di Origine del Pecorino Romano.
L’introduzione di allevamenti “stallonari” che utilizzano razze esterne, pur localizzati all’interno delle aree di produzione riconosciute, minerebbe la specificità del prodotto e mette a repentaglio la sopravvivenza di un’economia pastorale secolare.
Il tempo a disposizione per reagire è limitato: è stato deciso di presentare ricorso entro il 24 novembre.
La denuncia è forte: si percepisce un disinteresse verso la storia e le tradizioni dei pastori sardi, in favore di interessi economici di una minoranza.
Si lancia un appello urgente alla Regione Sardegna, che in passato aveva espresso il sostegno all’inserimento delle razze storiche nel disciplinare, affinché intervenga con decisione presso il Ministero dell’Agricoltura.
È imperativo difendere il patrimonio culturale e l’economia di una regione che si identifica profondamente nelle sue tradizioni e nel suo comparto agroalimentare più importante.
La salvaguardia del Pecorino Romano autentico è una questione di identità e di futuro per la Sardegna.







