La drammatica situazione degli operai di Sider Alloys-GMS a Portovesme si configura come un campanello d’allarme per l’intero sistema industriale sardo, richiedendo un intervento urgente e strutturale da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT).
Le organizzazioni sindacali, Fiom Cgil, Fsm Cisl e Uilm, denunciano un quadro di profonda crisi, caratterizzato da promesse non mantenute, debiti crescenti, violazioni ambientali e, soprattutto, un’inaccettabile morosità nei confronti dei lavoratori.
Il percorso di riavvio della produzione, annunciato sette anni fa con l’acquisizione da parte di Sider Alloys, si è rivelato un’illusione, perpetuata da una gestione aziendale priva di credibilità e capacità operativa.
L’accumulo di debiti verso fornitori, appaltatori e istituzioni, unitamente alle gravi irregolarità ambientali che hanno portato alla sospensione di diverse aree produttive, testimoniano una gestione irresponsabile e miope.
L’ultimo atto di questa spirale negativa è il mancato pagamento delle retribuzioni, un’umiliazione per i lavoratori che si sono visti negare anche i benefici accessori, come welfare, indennità perequative, contributi pensionistici e sanitari.
La drammatica attesa del pagamento di maggio, avvenuto solo il 2 luglio, è sintomatica di una profonda difficoltà finanziaria, aggravata dal mancato versamento della cassa integrazione per i dipendenti della GMS.
La colpevolezza risiede in una catena di responsabilità: la GMS, società controllata da Sider Alloys, non avrebbe saldato il compenso della consulente incaricata dell’elaborazione degli atti necessari per l’erogazione della cassa integrazione, impedendo così l’intervento dell’INPS.
Le organizzazioni sindacali invocano una rottura netta con la gestione attuale, giudicando insufficienti le misure palliative e necessarie modifiche strutturali che solo un intervento esterno può garantire.
Le recenti indiscrezioni riguardanti sopralluoghi in stabilimento da parte di istituti bancari, programmati per il 15 luglio 2025, alimentano ulteriori preoccupazioni.
L’ipotesi che tali visite siano finalizzate a valutare la possibilità di concedere ulteriori opportunità all’attuale management, nonostante l’evidente fallimento, è inaccettabile e richiede un confronto immediato e a livello dirigenziale, che tenga conto della ferma opposizione delle rappresentanze sindacali.
La vicenda di Portovesme non è solo un problema locale, ma un monito per l’intero tessuto industriale nazionale, un esempio di come la speculazione finanziaria e la mancanza di responsabilità sociale possano portare alla distruzione di posti di lavoro e alla compromissione del futuro di un’intera comunità.
È imperativo un cambio di paradigma, che ponga al centro il benessere dei lavoratori, la sostenibilità ambientale e la valorizzazione del patrimonio industriale italiano.
Il MIMIT è chiamato ad agire con tempestività e determinazione, garantendo una transizione verso un modello di sviluppo più equo e responsabile.