In un contesto economico nazionale segnato da un’impoverimento salariale senza precedenti nell’Unione Europea, dove l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie in maniera più marcata rispetto a qualsiasi altro paese dell’Eurozona, una questione spinosa continua a opporre sindacati e datori di lavoro del settore farmaceutico.
L’assegnazione di ingenti risorse pubbliche a Federfarma, una federazione di associazioni di farmacisti, solleva interrogativi sulla responsabilità sociale e sulla correttezza delle politiche economiche a livello nazionale.
La vertenza, che ha portato alla proclamazione di uno sciopero nazionale dei farmacisti collaboratori e di tutti i dipendenti farmacie private, è il culmine di mesi di tentativi infruttuosi di dialogo.
I sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil denunciano la rigidità di Federfarma, che si rifiuta persino di sedersi al tavolo delle trattative per affrontare le rivendicazioni salariali dei lavoratori.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha evidenziato come l’Italia sia l’unico paese dell’Eurozona dove le retribuzioni sono diminuite drasticamente rispetto al 2021, con una riduzione del 7,5% nel 2025.
Questo dato, unitamente alla crescente disparità tra i redditi dei titolari di farmacie e quelli dei loro dipendenti, alimenta un clima di crescente frustrazione e insoddisfazione tra i lavoratori del settore.
L’imminente riconoscimento delle farmacie come strutture sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale, a partire dal 1° gennaio 2026, aggrava ulteriormente la situazione.
Questo cambiamento comporta un aumento significativo delle responsabilità e del carico di lavoro per i dipendenti, i quali rischiano di vedersi gravare sulle spalle maggiori oneri senza un adeguato riconoscimento economico o normativo.
I dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze confermano che i redditi dei titolari di farmacie figurano tra i più elevati in Italia, mentre i lavoratori si trovano ad affrontare salari inadeguati e condizioni di lavoro sempre più gravose.
La mobilitazione sindacale non è solo una rivendicazione salariale, ma un’istanza di giustizia sociale, un tentativo di ristabilire un equilibrio economico più equo e di garantire ai lavoratori del settore farmaceutico un futuro dignitoso, in linea con gli standard europei e in risposta a una crisi economica che ha colpito duramente il paese.
La questione solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle risorse pubbliche e sulla necessità di politiche più attente alle disuguaglianze sociali e alla tutela del potere d’acquisto dei cittadini.







