lunedì 1 Settembre 2025
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Sardegna, redditi in ritardo: il divario con l’Italia resta ampio.

La fotografia del reddito dei lavoratori dipendenti sardi rivela una persistente frattura rispetto al resto d’Italia, un divario che incide profondamente sulla qualità della vita delle famiglie.
Secondo i dati Cisl, lo stipendio medio annuo sardo si attesta a 19.850 euro, un importo che si discosta significativamente dai 23.290 euro medi a livello nazionale, traducendosi in un ritardo del 15%.
Questo dato, denunciato dal segretario generale Pier Luigi Ledda, non è un mero numero statistico, ma il sintomo di una più ampia questione strutturale che affligge l’economia isolana.
L’analisi della Cisl non si limita a confrontare i salari con quelli nazionali.
Il confronto con le pensioni, anch’esse in media a 19.690 euro, disegna un quadro paradossale.
Se da un lato questo dato suggerisce una certa stabilità economica per le famiglie, frutto di pensioni che, in alcuni casi, hanno fungere da ammortizzatore sociale, dall’altro rivela una debolezza intrinseca del mercato del lavoro sardo.
La difficoltà per i giovani e per i lavoratori di generare reddito attraverso il lavoro dipendente, che dovrebbe essere motore di progresso e di emancipazione sociale, si manifesta in modo evidente.

Il decennio 2014-2024 ha rappresentato per la Sardegna un periodo di transizione, segnato da mutamenti economici e sociali di notevole portata.
Sebbene si possano osservare segnali di ripresa, come la riduzione del tasso di disoccupazione (dal quasi 19% al 11%) e l’aumento del numero di occupati (oltre le 592.000 unità), le performance restano al di sotto della media nazionale, attualmente superiore al 67%.
L’aumento dei redditi, pur positivo, non è stato sufficiente a compensare l’impennata del costo della vita, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie.

La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di pensioni minime insufficienti a garantire una vita dignitosa e da salari bassi che faticano a coprire le spese essenziali, acuendo le disuguaglianze socio-economiche.
Questa congiuntura richiede un cambio di passo, un approccio innovativo e proattivo da parte delle istituzioni regionali.

La prossima manovra di bilancio non può limitarsi a interventi incrementali, ma deve tradursi in un piano straordinario per l’occupazione, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili: giovani e donne.

Incentivi mirati per le imprese che optano per assunzioni stabili, rafforzamento delle politiche attive del lavoro e della formazione professionale, con percorsi personalizzati per accompagnare i disoccupati verso opportunità concrete, sono elementi imprescindibili.

Parallelamente, investimenti strategici in infrastrutture materiali (trasporti, energia, digitalizzazione) e immateriali (istruzione, ricerca, innovazione) sono fondamentali per superare l’isolamento geografico e favorire lo sviluppo di un’economia competitiva e inclusiva.
La contrattazione territoriale, strumento chiave per legare l’incremento salariale alla produttività, deve essere promossa e sostenuta.
Cruciale si rivela l’utilizzo oculato dei Fondi europei, vincolandoli a progetti che generino occupazione stabile e duratura, con un focus sulla transizione ecologica e sulla digitalizzazione.

La tutela delle pensioni medio-basse, con interventi mirati a preservare il potere d’acquisto, e il potenziamento dei servizi alla persona, rappresentano priorità assolute per garantire una coesione sociale solida e duratura.

Solo attraverso un approccio olistico e lungimirante sarà possibile invertire la rotta e costruire un futuro più prospero e equo per la Sardegna.

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