La recente polemica tra il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e la Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, solleva questioni cruciali circa l’applicazione del regime carcerario di massima sicurezza (41-bis) e le sue implicazioni per il territorio.
Contrariamente alle preoccupazioni espresse dalla governatrice, il Ministero della Giustizia smentisce qualsiasi trasferimento di detenuti verso la Sardegna, assicurando che non si verificherà un impatto significativo sul territorio, né una riorganizzazione degli istituti penitenziari esistenti.
L’aumento della capienza è infatti una diretta conseguenza di un obbligo normativo preesistente.
La controversia evidenzia una divergenza di interpretazione e approccio riguardo alla gestione del 41-bis, un regime speciale volto a garantire la sicurezza pubblica e a contrastare la criminalità organizzata.
Il cuore della questione risiede nell’implementazione dell’articolo 41-bis, comma 2-quater, dell’Ordinamento Penitenziario, che prevede la collocazione dei detenuti in istituti specificamente dedicati, preferibilmente in aree insulari o, in alternativa, in sezioni distinte all’interno degli istituti, con personale specializzato della Polizia Penitenziaria.
Un principio, sottolinea il Ministro Nordio, sistematicamente disatteso negli anni, con conseguenze dirette sulla capacità di contrasto alle organizzazioni criminali.
L’attuale azione del Governo, per quanto riguarda l’applicazione di questa normativa, mira a colmare una lacuna interpretativa e operativa che, a suo dire, è stata ignorata dalle amministrazioni precedenti, contribuendo a un indebolimento delle misure di sicurezza richieste dalle procure antimafia.
L’implementazione dell’articolo 41-bis, come previsto, non implica un trasferimento massiccio di detenuti in Sardegna, bensì un rafforzamento dell’infrastruttura e della gestione della sicurezza all’interno degli istituti esistenti, assicurando la separazione fisica e operativa dei detenuti ad alta pericolosità.
Il Ministro Nordio sottolinea la volontà di mantenere un dialogo costruttivo con le Regioni, rappresentando la questione al tavolo Stato/Regioni, ma respinge le critiche come espressione di valutazioni di politica giudiziaria che rientrano nelle prerogative del Governo.
La questione non riguarda quindi una decisione arbitraria o un’imposizione unilaterale, ma l’applicazione coerente di una norma vigente, volta a garantire un più efficace contrasto alla criminalità organizzata e a tutelare la sicurezza nazionale, con un’attenzione particolare alle esigenze di sicurezza locali.
La polemica, in definitiva, rivela una più ampia riflessione sulla gestione della giustizia penale, la responsabilità istituzionale e l’equilibrio tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti dei detenuti.






