Il dibattito sulla riforma dello Statuto Speciale della Sardegna si fa sempre più pressante, un’urgenza riconosciuta da una prospettiva storica e politica complessa, testimoniata dalle audizioni presso la commissione speciale incaricata di affrontare la questione.
L’analisi degli ex presidenti regionali non si limita a una mera revisione tecnica, ma si proietta verso una riflessione profonda sull’identità sarda e sulla sua capacità di autodeterminazione.
Renato Soru, leader di una precedente legislatura segnata da un referendum abrogativo della legge statutaria proposta, pone l’accento sulla dimensione politica e fondativa di un atto legislativo di tale portata.
Lo Statuto non è un mero dettaglio formale, ma l’espressione compiuta di una comunità che si definisce, che declina i principi cardine che ne informano l’agire politico e amministrativo.
Soru, con particolare riferimento all’esperienza passata, focalizza l’attenzione sulla legge elettorale e sulle soglie di sbarramento, elementi che hanno ripetutamente frustrato la rappresentanza di coalizioni valide, a riprova di una necessità di revisione profonda che tenga conto delle peculiarità del contesto sardo.
Christian Solinas, ultimo presidente prima dell’attuale, rilancia l’idea di un rafforzamento delle “specialità” sarde, un’autonomia che vada oltre le concessioni formali, traducendosi in competenze concrete e potere decisionale.
Si tratta di un processo che richiede una contrattazione strategica con lo Stato, una capacità di negoziazione che dimostri la maturità istituzionale della Sardegna e la sua volontà di affrontare le sfide contemporanee con strumenti adeguati.
Il punto cruciale è l’equilibrio dei poteri, un bilanciamento che eviti la prevalenza di logiche centralizzatrici e garantisca una gestione efficiente e rispondente alle esigenze del territorio.
Antonello Cabras, presidente negli anni ’90, sottolinea la necessità di un approccio trasversale e condiviso, che superi le divisioni ideologiche e coinvolga tutte le forze politiche.
Lo Statuto, per la sua natura di norma fondamentale e duratura, non può essere frutto di scelte partitiche, ma deve incarnare un consenso ampio e stabile, capace di resistere alle vicissitudini dei governi di turno.
Il dialogo tra maggioranza e opposizione diventa quindi un imperativo, un elemento essenziale per garantire la legittimità e la sostenibilità di un atto legislativo così significativo.
Angelo Rojch, presidente negli anni ’80, esprime un rammarico profondo: la scomparsa del concetto di autonomia dal dibattito politico sardo, un vuoto che rischia di compromettere il futuro dell’isola.
L’attuale riunione rappresenta un’opportunità per ridare voce a questo principio fondamentale, per recuperare un’identità perduta e per rilanciare la fiducia nelle istituzioni.
Il rilancio dello Statuto Speciale si configura quindi come un progetto complesso e ambizioso, che mira non solo all’attuazione dei punti ancora pendenti, ma anche alla creazione di una nuova stagione di partecipazione popolare, attraverso una “grande assemblea del popolo sardo”.
Si tratta di un percorso che richiede coraggio, visione e la capacità di coinvolgere attivamente tutti i cittadini, per costruire un futuro di autonomia e prosperità per la Sardegna.
La sfida cruciale è trasformare l’urgenza di una riforma in un’occasione di rinnovamento profondo del rapporto tra l’isola e l’Italia, e tra i cittadini e le istituzioni.