La questione si concretizza: il Consiglio dei Ministri ha formalizzato l’intenzione, maturata da tempo, di contestare la recente legge regionale sarda che recepisce, con significative riserve, il decreto “Salva Casa” nazionale.
L’atto, varato dalla Giunta Todde e approvato dal Consiglio Regionale lo scorso giugno, si presenta come un esempio emblematico delle tensioni tra autonomia legislativa regionale e prerogative statali in materia di edilizia abitativa.
La divergenza cruciale risiede nella definizione della superficie minima per i monolocali.
Mentre la normativa nazionale, promossa dall’allora Ministro Salvini, aveva ridotto tale soglia a 20 metri quadri, la legge sarda ha mantenuto la superficie a 28 metri quadri.
Questa discrepanza, apparentemente marginale, si configura come un punto di frizione che il Governo centrale ha ritenuto inammissibile.
La motivazione ufficiale del ricorso, esplicitata nella nota del Consiglio dei Ministri, si fonda su un principio cardine: il rispetto delle competenze statutarie regionali.
Il Governo sostiene che la legge sarda, con la sua divergenza dalla norma nazionale, oltrepassa i limiti delle attribuzioni legislative riconosciute alle Regioni, incorrendo in una violazione del quadro normativo vigente.
In altre parole, si contesta la legittimità della Regione Sardegna ad intervenire in una materia, come la definizione delle caratteristiche degli immobili abitativi, che è ritenuta di competenza esclusiva dello Stato.
Questo ricorso non è solo una questione tecnica o un mero tecnicismo giuridico.
Si inserisce in un contesto più ampio di dibattito sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, un tema particolarmente sensibile in un Paese caratterizzato da un sistema istituzionale complesso come l’Italia.
La legge “Salva Casa”, concepita come strumento per favorire l’accesso all’abitazione e per contrastare il fenomeno degli immobili abusivi, aveva l’obiettivo di uniformare a livello nazionale le regole in materia.
La decisione della Regione Sardegna di discostarsi da questa impostazione solleva interrogativi sulla possibilità di garantire un’applicazione coerente della normativa su tutto il territorio nazionale.
L’esito del ricorso alla Corte Costituzionale avrà implicazioni significative non solo per la legge sarda, ma anche per il modo in cui vengono interpretate e applicate le norme in materia di edilizia abitativa in altre Regioni.
Il principio di lealtà tra Stato e Regioni, inteso come obbligo reciproco di rispettare le competenze dell’uno e dell’altro, sarà messo alla prova.
La decisione della Corte Costituzionale non si limiterà a giudicare la legittimità della legge sarda, ma contribuirà a definire i confini dell’autonomia regionale e a chiarire i limiti entro i quali le Regioni possono discostarsi dalla normativa statale.
In definitiva, la vicenda “Salva Casa” in Sardegna si configura come un caso paradigmatico di come la ricerca di un equilibrio tra centralizzazione e decentramento possa generare conflitti istituzionali e sollecitare un approfondito esame dei principi costituzionali.