Il Molise, regione al crocevia tra adozione di strategie di risanamento e persistenti emergenze sanitarie, si trova di fronte a una sfida strutturale: la progressiva ed inesorabile erosione del proprio capitale umano medico.
La situazione, lungi dall’essere un episodio isolato, si configura come un circolo vizioso che si ripropone ciclicamente, alimentato da una combinazione di fattori economici, geografici e decisionali che minacciano la sostenibilità stessa del sistema sanitario regionale.
L’annuncio di bandi di concorso pubblici spesso disattesi, le rinunce a posizioni lavorative, persino quelle a tempo indeterminato, non sono semplici anomalie statistiche, ma sintomatici di una più profonda crisi di attrattività che affligge il Molise.
A distanza di quasi due decenni dall’inizio del Piano di Rientro dal Disavanzo Sanitario (2007) e dal successivo Commissariato Straordinario (2009), il quadro non mostra significativi miglioramenti, anzi, sembra acuirsi.
Questa persistenza di problematiche preesistenti non è meramente contingente, ma è intrinsecamente legata a una percezione di precarietà che inficia le scelte professionali dei medici, che prediligono contesti lavorativi più stimolanti e con maggiori prospettive di carriera.
L’Azienda Sanitaria Regionale (ASReM), nell’ottica di garantire la continuità dei servizi, ha implementato un ventaglio di misure che spaziano dai bandi di reclutamento estesi agli specializzandi, al ricorso a professionisti stranieri e pensionati, fino all’attivazione di incarichi libero-professionali e convenzioni esterne.
Tuttavia, queste soluzioni, pur essendo temporaneamente salvifiche, non risolvono la radice del problema, ovvero la carenza di personale e la difficoltà ad attrarre e trattenere medici.
L’effetto a lungo termine è la progressiva destabilizzazione del sistema, con ripercussioni dirette sulla salute dei cittadini.
La drammatica situazione del Pronto Soccorso dell’ospedale “Veneziale” di Isernia, con la minaccia reiterata di dimissioni da parte del personale medico, è solo la punta dell’iceberg.
Un quadro simile si ritrova in tutti gli ospedali della regione, da Campobasso a Termoli, passando per Larino e Agnone, evidenziando una carenza strutturale che compromette la capacità di risposta alle emergenze e la qualità dell’assistenza.
La ridotta dotazione di medici rispetto agli organici previsti genera sovraccarichi di lavoro, stress e un aumento del rischio di errori, con conseguenze potenzialmente gravi per i pazienti.
Nel 2019, il Commissario Straordinario, Angelo Giustini, aveva prospettato l’intervento di personale medico militare, auspicando un “ultima spiaggia” per superare lo stallo.
Questo suggerimento, sebbene drammatico, riflette la gravità della situazione e l’urgenza di trovare soluzioni alternative per garantire il diritto all’equità e all’universalità di accesso alle cure.
La sfida per il Molise non è solo quella di colmare temporaneamente le lacune di personale, ma di attuare un cambiamento radicale che affronti le cause profonde della crisi.
Ciò implica un investimento strategico nel capitale umano, con politiche mirate a migliorare le condizioni di lavoro, a favorire lo sviluppo professionale e a promuovere un ambiente sanitario attraente per i giovani medici.
Il futuro del sistema sanitario molisano, e di conseguenza la salute dei suoi cittadini, dipende dalla capacità di agire con lungimiranza e determinazione.