La vicenda della giudice Francesca Ercolini, strappata alla vita nella sua abitazione pesarese il 26 dicembre 2022, continua a generare interrogativi e a richiedere una profonda revisione delle circostanze della sua morte.
La complessità del caso, inizialmente archiviato come suicidio, ha portato la Procura dell’Aquila, competente per indagini riguardanti magistrati coinvolti in dinamiche giudiziarie marchigiane, a disporre una nuova autopsia e una riapertura formale delle indagini.
La necessità di un approfondimento diagnostico, giustificata dalla sussistenza di elementi che rendono plausibile una diversa interpretazione degli eventi, ha comportato la riesumazione del corpo della giudice, precedentemente sepolto nel cimitero di Riccia, nel Molise, e il suo trasferimento a Roma, presso il Policlinico Umberto I.
La perizia autoptica, inizialmente prevista per una durata di novanta giorni, si rivela insufficiente a fornire risposte definitive, spingendo il professor Vittorio Fineschi e il suo team di esperti a richiedere un’ulteriore proroga di trenta giorni.
Questa dilazione è motivata dalla necessità di condurre analisi più complesse, tra cui indagini microscopiche e di laboratorio, esami TAC e approfondimenti che non erano stati eseguiti durante la prima perizia.
L’indagine, ora sotto la lente d’ingrandimento della magistratura, mira a chiarire se il decesso sia derivato da cause naturali o se siano state presenti lesioni, apparentemente non rilevate in precedenza, che possano aver contribuito all’esito fatale.
La ricostruzione della scena del ritrovamento del corpo, affidata ai Ris, rappresenta un tassello cruciale per comprendere la dinamica degli eventi.
Il quadro investigativo attuale vede coinvolti sei indagati, con accuse che spaziano dal depistaggio alla falsità ideologica, passando per la violazione del segreto istruttorio.
Tra questi figurano il marito della giudice e il medico legale che aveva condotto la prima autopsia, elementi che alimentano sospetti di possibili manipolazioni o omissioni nella gestione iniziale del caso.
La vicenda Ercolini non è solo una tragedia personale, ma anche una questione di rilevanza istituzionale, che interroga il sistema giudiziario e sollecita un’analisi approfondita dei protocolli e delle procedure applicate in casi di decesso di magistrati.
La ricerca della verità, ora al centro dell’indagine, è un imperativo morale e un dovere nei confronti della memoria della giudice e della sua famiglia, e richiede un’indagine rigorosa, trasparente e priva di pregiudizi.
Solo a fine ottobre, con la conclusione di tutti gli approfondimenti diagnostici, il corpo della giudice potrà essere restituito alla sua terra natale, nel Molise, in attesa di una verità che possa lenire il dolore e restituire un senso di giustizia.