Il recente episodio che ha visto protagonista una giovane lupa, circa due anni, catturata ad Agnone, in provincia di Isernia, solleva questioni complesse che intrecciano la gestione della fauna selvatica, la convivenza uomo-lupo e le implicazioni etiche della conservazione della biodiversità. L’episodio, legato a lievi lesioni riportate da una giovane donna nel contesto urbano, ha portato alla sua rimozione dall’habitat naturale e al trasferimento temporaneo nell’Area faunistica del lupo appenninico di Civitella Alfedena, all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.Questo trasferimento, lungi dall’essere una semplice procedura amministrativa, si configura come un atto che richiede un’attenta riflessione. L’area faunistica, pur offrendo un ambiente sicuro e controllato per l’osservazione e le cure veterinarie, rappresenta una perdita irreversibile di libertà per l’animale e una potenziale compromissione del suo comportamento naturale.La valutazione veterinaria, condotta congiuntamente dai professionisti del Parco e della ASL di Sulmona, mira a definire con precisione lo status sanitario e genetico della lupa. L’analisi del DNA si rivela cruciale: la determinazione della sua purezza genetica, o l’eventuale presenza di ibridazione con cani domestici, avrà un impatto significativo sulla sua idoneità al reinserimento in natura, un’opzione che, al momento, appare improbabile. La presenza di rogna sarcoptica, un’infestazione parassitaria debilitante, richiede un trattamento specifico e prolungato, ulteriormente complicando il percorso di recupero e riabilitazione.La decisione della Regione Molise di procedere con la cattività permanente della lupa nella struttura di Civitella Alfedena sottolinea l’approccio preferenziale verso la gestione preventiva e il controllo della popolazione di lupi, spesso in contrapposizione con principi di conservazione più ampi che promuoverebbero la coesistenza. Questo modello, sebbene mirato a mitigare potenziali conflitti con le attività umane, rischia di erodere la resilienza dell’ecosistema e di limitare la capacità di adattamento della specie lupina alle mutate condizioni ambientali.L’evento agognese, pertanto, è un campanello d’allarme che invita a un ripensamento delle politiche di gestione della fauna selvatica. È necessario investire in strategie di prevenzione dei conflitti, che comprendano l’educazione delle comunità locali, il miglioramento della protezione del bestiame e l’implementazione di sistemi di monitoraggio avanzati per la comprensione dei movimenti e del comportamento dei lupi. Solo attraverso un approccio integrato e basato sulla conoscenza scientifica sarà possibile garantire la conservazione del lupo appenninico e la sua convivenza pacifica con le popolazioni umane. La decisione finale sul destino della lupa di Agnone deve essere presa con la consapevolezza delle implicazioni etiche e ambientali a lungo termine, privilegiando sempre, ove possibile, soluzioni che consentano la sua reintegrazione nel suo ambiente naturale.
Lupa ad Agnone: tra gestione, etica e futuro incerto.
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