Il 31 ottobre, un giorno che incide la memoria con la stessa nitidezza di una scheggia, si colloca tra l’ultimo giorno di scuola e la sacralità dell’All Saints’ Day.
La chiusura temporanea della scuola Jovine, un’ordinaria sospensione, si contrappone al desiderio, più profondo, di Morena, una bambina il cui nome risuona ancora nell’aria rarefatta del Parco della Memoria a San Giuliano di Puglia.
Questo è il luogo che oggi accoglie un pellegrinaggio di rimpianto, un Giorno della Memoria intriso di dolore e di sguardi rivolti al passato.
La madre di Morena, custode di un ricordo fragile eppure indomito, condivide frammenti di una vita troncata.
Ricorda il vestito preparato per la festa, un simbolo di attesa e di gioia che la tragica fatalità ha trasformato in una ferita aperta.
Descrive la figlia come un raggio di sole, una presenza luminosa capace di illuminare gli animi, una bambina prodigio che, a soli quarantadue giorni dall’inizio della scuola elementare, aveva già conquistato l’arte della lettura.
I fumetti, e in particolare le avventure di Diabolik, nutrivano la sua immaginazione, aprendo finestre su mondi fantastici.
L’atmosfera nel Parco della Memoria è densa di un dolore tangibile, un velo di tristezza che avvolge le famiglie riunite.
I genitori di Luca e Gianmaria, due bambini innocenti strappati alla vita, rievocano il mattino fatale, l’entusiasmo con cui si preparavano per la scuola, ignari dell’orrore che li attendeva.
L’attesa di Halloween, una festa di colori e di maschere, si è trasformata in un incubo perpetuo.
La sera prima, Luca aveva disegnato i due gemelli con le loro maschere, un gesto spontaneo e giocoso che oggi assume un significato straziante.
I disegni digitali, una passione condivisa, testimoniano un legame affettivo profondo.
La consuetudine di accogliere il padre rientrante dal lavoro, un rituale quotidiano, si è spezzata in una spirale di dolore.
Il silenzio, in alcuni casi, è la risposta più eloquente.
Le famiglie, sedute accanto ai nomi dei propri figli incisi nel pavimento, in quello che un tempo era il luogo dei loro banchi, esprimono il loro dolore in un mutismo commovente.
La commozione è palpabile, un’onda di tristezza che investe tutti i presenti, un ricordo indelebile di una comunità segnata da una perdita irreparabile.
La memoria, in questo luogo sacro, non è solo un ricordo del passato, ma un impegno a non dimenticare, un monito per il futuro, un tributo alla fragilità della vita e alla forza inestinguibile dell’amore.
È un atto di pietà, un inno alla resilienza, un canto di speranza che risuona tra le macerie del tempo.







