La sanità molisana si trova incatenata a un debito cumulativo che supera i 372 milioni di euro, un fardello finanziario che si protrae fino al 2051 e genera oneri accessori di decine di milioni, erodendo le risorse destinate all’assistenza diretta dei cittadini.
Questa situazione critica, analizzata in dettaglio dai consiglieri regionali Andrea Greco (Movimento 5 Stelle) e Massimo Romano (Costruire Democrazia), rivela un sistema di finanziamento che si autoalimenta, intrappolando la regione in un ciclo di indebitamento perenne.
La richiesta di revoca dei commissari ad acta, avanzata dai consiglieri, emerge dalla disillusione nei confronti di un approccio gestorio che non sembra aver invertito la rotta.
L’analisi dei mutui esistenti svela una struttura complessa.
Il debito residuo ammonta a 274 milioni, suddiviso in cinque principali linee di finanziamento con il Ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti.
Il mutuo più consistente, contratto nel 2016 con il MEF per 175,2 milioni, presenta un debito residuo di oltre 125 milioni e una scadenza fissata al 2046.
L’ultimo, con una scadenza posticipata al 2051, rappresenta un impegno finanziario che si estende su un arco temporale di quasi trent’anni, gravando sulle generazioni future.
Tuttavia, l’essenza del problema non risiede unicamente nell’ammontare del debito, bensì nella sua capacità di perpetuare un modello insostenibile.
La sanità molisana, anziché generare surplus, continua a registrare deficit annuali, costringendo la Regione a ricorrere a nuovi finanziamenti o a rinegoziare quelli esistenti.
Questa pratica, pur allungando le scadenze, si traduce in un aumento dei costi complessivi, riducendo drasticamente le risorse disponibili per i servizi sanitari e deteriorando la qualità dell’assistenza.
Un esempio emblematico è la gestione del mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti, originariamente da 97 milioni nel 2008.
La rinegoziazione nel 2021 lo ha ridotto a 73 milioni, ma nonostante il rimborso di 13 milioni di capitale, il debito residuo supera ancora i 60 milioni, con un costo totale, capitale e interessi compresi, che si attesta oltre gli 81 milioni.
Questo scenario testimonia come le rinegoziazioni, lungi dall’alleviare la pressione finanziaria, la esacerbino nel tempo.
L’annuncio di 90 milioni di euro da parte dei parlamentari, pur rappresentando un segnale di attenzione, appare come un palliativo insufficiente per risolvere una crisi sistemica.
I fondi, se erogati, rischiano di essere assorbiti dal meccanismo di indebitamento stesso, senza tradursi in un reale miglioramento dei servizi e nell’accesso alle cure per i cittadini.
La revisione profonda del modello di governance della sanità molisana, la trasparenza nella gestione dei finanziamenti e una pianificazione strategica a lungo termine che metta al centro il benessere della popolazione, appaiono imprescindibili per liberare la regione dalle catene del debito e garantire un futuro sostenibile per il sistema sanitario.
È necessario un cambio di paradigma, non semplici interventi d’emergenza.






