Davanti ai cancelli dello stabilimento Stellantis di Termoli, un coro di voci sindacali si leva per reclamare un futuro industriale per il territorio e per l’intera filiera automotive italiana.
Rappresentanti di Fim-Cisl, Fismic, Uilm, Fiom e Uglm, uniti in una piattaforma di richiesta, esprimono una profonda insofferenza verso una strategia aziendale percepita come predatoria, che privilegia investimenti al di fuori dei confini europei a discapito delle competenze e delle capacità produttive locali.
La protesta non si limita alla mera richiesta di nuovi prodotti per lo stabilimento di Termoli, ma si configura come una denuncia più ampia della crescente deindustrializzazione del tessuto produttivo italiano, un fenomeno che erode il capitale umano e impoverisce le comunità locali.
I segretari sindacali denunciano l’illusione creata dal progetto della gigafactory, promessa di rilancio che ora si è rivelata un miraggio, lasciando dietro di sé incertezza e disoccupazione.
Marco Laviano, della Fim-Cisl Molise, incarna il sentimento di frustrazione diffuso: “È inaccettabile sentirci dire che investire altrove è più facile.
Stiamo svuotando il nostro Paese delle sue risorse e delle sue capacità.
” La solidità e la qualità della produzione termolese, sostenuta da un know-how specializzato, potrebbero tranquillamente supportare le piattaforme del gruppo Stellantis, ma la volontà politica e aziendale sembra mancare.
Giovanni Mercogliano (Fismic) sottolinea l’urgenza di risposte concrete, mentre Domenico Guida (Uglm) esorta la classe politica ad intervenire con decisione, riconoscendo a Termoli il ruolo strategico che merita.
La Fiom-Cgil, con voce ferma, richiede trasparenza e impegni vincolanti da parte dell’azienda e delle istituzioni, dichiarando esaurito il tempo delle promesse.
Niko Testa della Uilm, con una prospettiva particolarmente acuta, evidenzia la responsabilità non solo di Stellantis, ma anche dell’Europa, verso un territorio sull’orlo del collasso.
Le conseguenze sociali sono devastanti: famiglie in difficoltà, un indotto in crisi con una perdita di posti di lavoro e cicli ripetuti di cassa integrazione che minano la stabilità economica e psicologica dei lavoratori.
La produzione di nuovi modelli rappresenta l’unica via d’uscita da questa spirale negativa, dato il fallimento del progetto gigafactory.
La minaccia di uno sciopero, ultima ratio per tutelare i diritti e il futuro dei lavoratori, aleggia nell’aria, ma la speranza di trovare una soluzione negoziata rimane accesa.
La manifestazione prevista per il 29 novembre a Termoli si preannuncia come un momento cruciale per sollecitare una presa di posizione ufficiale e ottenere garanzie concrete per il futuro dello stabilimento e del territorio.
In gioco non c’è solo la sopravvivenza di un impianto industriale, ma la dignità di un’intera comunità e la tenuta del modello industriale europeo.






