Lieve incertezza nella mobilità abruzzese stamane, con l’inizio dello sciopero generale indetto dalla CGIL.
Un impatto contenuto, stimato tra il 10 e il 15%, ha interessato i servizi ferroviari regionali, segnalando un primo disservizio per i pendolari e i viaggiatori.
L’Aquila si è configurata come il fulcro dell’azione sindacale, con un concentramento di partecipanti provenienti da ogni angolo di Abruzzo e Molise.
Venti pullman hanno riversato in città una folla determinata, pronta a esprimere il proprio dissenso.
Il corteo, partito dalla Villa Comunale, ha incrociato le vie cittadine per dirigersi verso la Prefettura, dove è previsto un comizio conclusivo.
L’adesione allo sciopero, secondo il segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, si configura come un atto di rivendicazione legittimo, un contrappeso necessario all’arroganza e alla distanza di un esecutivo percepito come intrinsecamente orientato a tutelare gli interessi delle classi più agiate.
La partecipazione di Acerbo stesso all’evento a L’Aquila sottolinea l’ampiezza del fronte di opposizione.
Le critiche mosse dalla CGIL, sostiene Acerbo, suscitano reazioni sproporzionate e strumentali da parte di settori della politica e dei media, segno, a suo avviso, della loro innegabile efficacia.
L’azione sindacale solleva interrogativi cruciali per l’intero schieramento di centrosinistra: la piattaforma rivendicativa della CGIL sarà pienamente abbracciata e tradotta in politiche concrete nel caso di un ritorno al governo?La situazione economica nazionale appare sempre più precaria, con indicatori che preannunciano una recessione profonda e un processo di deindustrializzazione accelerato.
Il potere d’acquisto di salari e pensioni continua a erodersi, mentre un esodo di giovani talenti, stimato in circa centomila unità ogni anno, impoverisce il paese di risorse umane vitali.
Le proposte del governo, in questo contesto, appaiono inadeguate e, per certi versi, controproducenti, come l’idea di incentivare l’arruolamento militare come soluzione alla disoccupazione giovanile.
L’urgenza impellente, secondo i sindacalisti e i commentatori politici, è quella di investire in infrastrutture sociali essenziali, come un sistema sanitario efficiente e accessibile a tutti, piuttosto che in armamenti e strategie di conflitto.
Lo sciopero, quindi, non si pone solo come protesta, ma come richiamo a un cambio di paradigma economico e sociale, un’alternativa concreta a un modello di sviluppo percepito come insostenibile e penalizzante per ampie fasce della popolazione.
Il futuro dell’Italia, in definitiva, è in gioco.






