La questione idrica, lungi dall’essere una semplice gestione di risorse, si rivela un terreno di scontro politico e ideologico che mette a dura prova la coesione territoriale e la fiducia nelle istituzioni. Le recenti dichiarazioni del Vicepremier e Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, relative alla possibile redistribuzione di acqua dall’invaso del Liscione, in Molise, verso la Puglia, hanno riacceso un dibattito cruciale, esacerbando le tensioni preesistenti e sollevando interrogativi profondi sul futuro della gestione delle risorse idriche nel Sud Italia.Le consigliere regionali del Partito Democratico, Micaela Fanelli e Alessandra Salvatore, esprimono con fermezza una preoccupazione radicata, ribadendo un impegno costante verso il principio del bene comune e la solidarietà tra le regioni. La loro posizione, tuttavia, non si limita a una semplice disapprovazione delle scelte governative, ma si fonda su una diffusa percezione di opacità e mancanza di dialogo con il Consiglio regionale. L’apprendere, attraverso i media, di iniziative di tale portata, anziché ricevere un resoconto ufficiale da parte dell’amministrazione, denota una profonda frattura nella trasparenza decisionale.Il nodo centrale della vicenda non è tanto la possibile redistribuzione delle risorse idriche – necessità spesso impellente in un contesto di siccità crescente – quanto le modalità con cui tale decisione viene presa e la sua potenziale implicazione per il Molise. Le consigliere sottolineano con lucidità come l’attuale clima di sospetto derivi da una più ampia riflessione politica: la promessa di salvaguardia del Molise si scontra con la promozione dell’autonomia differenziata, un progetto che, a loro avviso, minerebbe l’identità e la sopravvivenza stessa della regione. L’autonomia differenziata, infatti, rischia di accentuare le disparità territoriali, creando una competizione per le risorse che potrebbe svantaggiare le regioni più fragili come il Molise. La richiesta di commissioni consiliari, verifiche e confronti sulla programmazione idrica, sistematicamente ignorata, evidenzia una volontà di marginalizzare il ruolo del Consiglio regionale e di precludere un dibattito pubblico informato. Questo atteggiamento alimenta la sfiducia e rafforza la percezione di una gestione autoritaria e poco incline al confronto.La questione idrica, quindi, si rivela un campanello d’allarme che segnala la necessità di un ripensamento radicale dei modelli di governance territoriale. È imperativo ristabilire un dialogo costruttivo tra le istituzioni, coinvolgere attivamente la comunità locale e garantire la massima trasparenza nelle decisioni che riguardano le risorse essenziali per la vita e lo sviluppo sostenibile del territorio. Solo attraverso un impegno condiviso e una governance partecipativa sarà possibile affrontare le sfide ambientali e sociali che ci attendono, preservando la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni. La gestione dell’acqua non può essere un affare di pochi, ma un impegno collettivo a tutela del bene comune e del futuro delle generazioni a venire.
Acqua e Autonomia: Tensioni Crescono nel Sud Italia
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