La mattinata in Consiglio Regionale a Campobasso si è aperta con un’inattesa e tesa interruzione, scaturita da un gesto di profondo impegno politico e umanitario.
Due assessori comunali di Campobasso, Simone Cretella (Movimento 5 Stelle) e Mimmo Maio (Partito Socialista), partecipando alla discussione consigliare, hanno scelto di rendere visibile il loro sostegno alla popolazione palestinese esponendo una bandiera della Palestina dai banchi del pubblico.
L’azione, carica di significato simbolico, ha immediatamente interrotto i lavori, in presenza del Presidente del Consiglio, Quintino Pallante, e del Governatore Francesco Roberti.
La reazione del Presidente Pallante ha ribadito il rigore del regolamento consiliare, escludendo l’ammissione di bandiere e simboli politici all’interno dell’aula.
Tuttavia, la replica di Cretella ha acceso un dibattito più ampio, sottolineando la disillusione di una generazione che attende risposte concrete da parte delle istituzioni, mentre a migliaia di chilometri di distanza, la popolazione palestinese affronta una situazione di grave emergenza umanitaria.
La sua provocazione, diretta al Presidente, ha amplificato il contrasto tra il rispetto delle procedure formali e l’urgenza di rispondere a un appello di giustizia e compassione.
L’interruzione, tuttavia, non ha placato l’impegno dei manifestanti.
Pochi istanti dopo, un altro gesto di sfida ha visto il capogruppo del Movimento 5 Stelle a Palazzo D’Aimmo, Andrea Greco, esporre la bandiera all’interno dell’aula, accompagnando l’azione con un grido appassionato: “Palestina libera!”.
Anche in questo caso, il Presidente Pallante ha sospeso i lavori, cercando di ristabilire l’ordine procedurale.
La ripetizione dell’atto, con l’intervento diretto di un esponente politico di spicco, ha segnalato una profonda frattura tra l’istituzionalità e la crescente mobilitazione della società civile.
L’episodio solleva interrogativi complessi sulla natura del dissenso politico, sui limiti dell’espressione simbolica in contesti istituzionali e sulla responsabilità delle rappresentanze politiche di fronte a crisi umanitarie globali.
Il gesto, al di là della sua immediatezza, funge da potente richiamo alla necessità di un dibattito pubblico più ampio e aperto sulle cause del conflitto israelo-palestinese e sulle possibili vie per una soluzione pacifica e giusta.
La scena, impressa nella memoria collettiva, testimonia la crescente consapevolezza di una generazione che non accetta silenzi e reticenze, ma pretende un impegno attivo e responsabile da parte delle istituzioni.