Nel cuore del territorio reggino, a San Luca, è emerso un caso di abusivismo edilizio e sfruttamento idrico di notevoli proporzioni.
Un’area estesa, superando i 35.000 metri quadrati, destinata alla coltivazione intensiva di lamponi attraverso serre improvvisate, è stata individuata dalle forze dell’ordine – Carabinieri della stazione locale, Nucleo Forestale di Locri e Polizia locale – in una zona gravata da vincoli sismici e idrogeologici particolarmente stringenti.
L’attività, sviluppatasi in assenza di qualsiasi autorizzazione legittimante, solleva interrogativi complessi relativi alla pianificazione territoriale e alla tutela dell’ambiente.
Le indagini, condotte con metodo e rigore, hanno rivelato una situazione ancora più allarmante.
Un soggetto coinvolto, figura chiave nell’organizzazione abusiva, è accusato di aver sottratto in modo sistematico e massiccio una quantità considerevole di acqua – stimata in circa 25.000 metri cubi al giorno – direttamente da una fiumara adiacente alle serre.
Questa estrazione improprietaria non solo aggrava la gravità del reato di abusivismo edilizio, ma espone la comunità locale a rischi ambientali e idrici significativi, mettendo a repentaglio l’equilibrio ecologico del bacino idrografico.
L’azione di prelievo di acqua è stata definita dalle autorità come una “sottrazione illecita di una risorsa essenziale”, configurando, di fatto, un furto aggravato.
La Procura di Locri ha ricevuto la denuncia per furto aggravato a carico del coltivatore di lamponi, sottolineando la natura criminale dell’attività svolta e la necessità di un intervento giudiziario incisivo.
Il caso solleva questioni cruciali riguardanti la gestione del territorio, la responsabilità delle autorità locali nella vigilanza e nel controllo degli abusi edilizi, e l’importanza di una cultura della legalità e del rispetto dell’ambiente.
L’episodio evidenzia, inoltre, la vulnerabilità del territorio reggino, spesso soggetto a pressioni speculative e a pratiche illegali che mettono a rischio la sua sostenibilità e la qualità della vita dei suoi abitanti.
La vicenda si configura come un campanello d’allarme per una più efficace tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, e per una rigorosa applicazione delle normative in materia di pianificazione territoriale e di gestione delle risorse idriche.






