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venerdì 14 Novembre 2025

Beni confiscati: nuova via per sviluppo e riabilitazione in Calabria.

Un nuovo approccio alla gestione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali è stato ufficializzato a Reggio Calabria, attraverso un protocollo d’intesa volto a superare i limiti di un modello prevalentemente liquidatorio e a promuovere la riqualificazione e la reintegrazione socio-economica di tali aziende.
La prefetta Clara Vaccaro ha descritto l’accordo come un “sistema di anticorpi” destinato a rafforzare la capacità delle istituzioni coinvolte di gestire in modo ottimale le aziende sottoposte a misure di prevenzione, trasformando un potenziale danno in un’opportunità di sviluppo.
Il protocollo, siglato nella prefettura, estende la collaborazione oltre la magistratura e l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, includendo attivamente l’Associazione bancaria italiana, gli ordini professionali degli avvocati e dei commercialisti.

L’obiettivo primario non è la semplice confisca e dispersione del capitale accumulato illegalmente, ma la creazione di un percorso di supporto che permetta alle aziende di rimanere operative, risanare le proprie strutture e riconquistare la fiducia del mercato e del territorio.
Si tratta di un cambio di paradigma, passando da una logica di punizione a una di riabilitazione e valorizzazione.
La sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro ha sottolineato l’importanza dell’accordo per l’accesso a competenze specialistiche, ribadendo che si tratta di un supporto, non di una sostituzione, delle funzioni di controllo esercitate dalle forze dell’ordine e dalla magistratura.

La creazione di un tavolo permanente in prefettura garantirà un monitoraggio costante dell’attuazione del protocollo e una valutazione degli effetti prodotti.
La portata del fenomeno a livello regionale è significativa: in Calabria sono presenti 3.823 beni sequestrati, con una concentrazione elevatissima (2.692) nella provincia di Reggio Calabria, che rappresenta il 70,42% del totale regionale.
Questa concentrazione evidenzia l’urgenza di interventi mirati e di un approccio coordinato.

La direttrice dell’Agenzia beni sequestrati e confiscati, Maria Rosaria Laganà, ha espresso fiducia nella possibilità di ottenere risultati tangibili con questo nuovo modello.
La presidente del Tribunale, Maria Grazia Arena, ha posto l’accento sull’importanza cruciale dell’accesso al credito per le aziende in questione, un ostacolo spesso insormontabile in assenza di un quadro istituzionale favorevole.
Il procuratore Giuseppe Borrelli ha aggiunto una prospettiva fondamentale: la capacità delle organizzazioni criminali di generare ricchezza, spesso mascherata da attività apparentemente legali, richiede un intervento che la reindirizzi verso canali leciti, trasformando un capitale illecito in motore di sviluppo sostenibile.

Un punto cruciale sollevato dal procuratore generale Gerardo Dominijanni riguarda la perdita di posti di lavoro conseguente alle liquidazioni frettolose delle aziende confiscate, un fenomeno che, paradossalmente, finiva per minare la credibilità dello Stato.
L’auspicio era quello di evitare una situazione in cui la ‘ndrangheta creava opportunità di lavoro mentre lo Stato ne distruggeva.

Il procuratore ha espresso rammarico per l’assenza di riscontro alle sue sollecitazioni rivolte alla Commissione parlamentare antimafia, sottolineando che l’azione delle istituzioni, in questo caso, ha colmato una lacuna politica.
Questo atto, per lui, rappresenta un motivo di orgoglio e di soddisfazione.

Il protocollo d’intesa, quindi, si configura come un tentativo di riscrivere il rapporto tra giustizia, economia e sviluppo in un territorio profondamente segnato dalla criminalità organizzata.

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