L’aula di giustizia di Catanzaro ha accolto la riapertura del caso Bergamini, un capitolo doloroso della cronaca italiana che torna a essere esaminato dalla Corte d’assise d’appello.
L’udienza inaugurale, segnata dalle complesse eccezioni preliminari sollevate dalla difesa di Isabella Interò, ex compagna del calciatore del Cosenza, Donato Denis Bergamini, ha riaperto un vaso di Pandora di sospetti, accuse e verità ancora da emergere.
Bergamini, a soli 27 anni, morì il 18 novembre 1989 in circostanze avvolte nel mistero, lungo la Statale 106 in Calabria.
La versione ufficiale, inizialmente accettata, parlava di suicidio.
Tuttavia, la perseveranza di Donata Bergamini, sorella del calciatore, ha saputo smuovere le acque, sfidando la narrazione prevalente e stimolando la riapertura delle indagini.
Sostenuta dal suo legale, Fabio Anselmo, affiancato da Alessandra Pisa e Silvia Galeone, Donata Bergamini ha incarnato la voce di una famiglia in cerca di giustizia, alimentando il dubbio che dietro la tragica scomparsa del fratello si celasse una verità più oscura.
Isabella Interò, unica imputata nel processo, si trova ora a dover rispondere dell’accusa di omicidio volontario premeditato, commesso presumibilmente in concorso con persone ancora non identificate.
La sentenza di primo grado, emessa dalla Corte d’assise di Cosenza il primo ottobre dell’anno precedente, l’aveva condannata a 16 anni di reclusione.
Questa pena, inferiore alla richiesta di 23 anni avanzata dalla Procura di Castrovillari, riflette l’esclusione di specifiche aggravanti, come l’uso di mezzi velenosi e la crudeltà, e la prevalenza di attenuanti generali.
L’accusa, basata su indizi e ricostruzioni investigative, sostiene che Bergamini fu vittima di asfissia, e che il suo corpo venne poi adagiato sulla Statale 106 per simulare un incidente.
Questa versione si contrappone alla narrazione fornita da Interò nel corso degli anni, che aveva sempre sostenuto la versione del suicidio.
La complessità del caso risiede non solo nella difficoltà di provare un’azione volontaria, ma anche nella ricostruzione delle dinamiche che portarono alla morte del calciatore, e nell’individuazione di eventuali complici.
L’udienza, densa di tensione emotiva, ha visto la presenza di Donata Bergamini, testimone silenziosa di un dolore che si protrae da decenni.
A margine, la giornalista Selvaggia Lucarelli, nota per le sue inchieste e il suo sguardo critico, era presente, in attesa dell’uscita di un podcast che promette di offrire nuove prospettive sul caso, attraverso un’intervista rilasciata proprio da Isabella Interò.
La ripresa del processo Bergamini rappresenta quindi non solo un tentativo di accertamento della verità giuridica, ma anche un atto di memoria per una vittima e una famiglia che hanno lottato per anni per ottenere giustizia.
Il processo si preannuncia come un’occasione per esaminare a fondo le dinamiche di una relazione interrotta bruscamente, le responsabilità individuali e le possibili collusioni che hanno contribuito a oscurare la verità.







