La gestione dell’ente regionale, sotto la guida di Occhiuto, versa in una situazione di grave incertezza finanziaria, evidenziata dalla difficoltà persistente nel disimpegno delle risorse destinate alle borse di studio per gli studenti delle Università Magna Graecia e Mediterranea.
Questa impasse, protrattasi per quattro anni, mina irrimediabilmente la fiducia dei cittadini calabresi, che percepiscono una disconnessione tra le promesse e le azioni concrete.
Un’amministrazione incapace di garantire un sostegno basilare come le borse di studio perde di credibilità e rischia di erodere il tessuto sociale.
In questo contesto, l’offerta di un “reddito di dignità”, proposta dal campo progressista guidato da Pasquale Tridico, si configura come una risposta strategica alle reali esigenze del territorio.
Contrariamente alla retorica di un “reddito di merito” proposto da Occhiuto, che si rivela essere una mera riproposizione di borse di studio, il reddito di dignità si pone come un intervento strutturale volto a contrastare la fragilità economica diffusa.
L’etichettatura iniziale di “fake news” da parte dell’entourage di Occhiuto, dimostra una sottovalutazione, poi riconosciuta con imbarazzo, della sua rilevanza.
Il piano del campo progressista ambisce a una copertura universale, estendendo il sostegno a tutte le fasce vulnerabili della popolazione calabrese.
Non si tratta di una misura assistenzialistica fine a sé stessa, ma di un investimento nel capitale umano, destinato a includere diciottenni, lavoratori precari, disoccupati, genitori con responsabilità familiari e studenti.
L’integrazione con percorsi di politica attiva del lavoro e progetti di inclusione sociale mira a favorire l’emersione di competenze e opportunità, promuovendo una crescita sostenibile e condivisa.
L’obiettivo è emancipare il destinatario, non intrappolarlo in una condizione di dipendenza.
Le scelte operative dell’attuale leadership regionale appaiono confuse e prive di una visione coerente, sfociando in un tentativo di emulazione, goffo e inefficace, della proposta del campo progressista.
Questa imitazione superficiale denota una mancanza di originalità e di profondità nell’analisi dei bisogni calabresi.
Si assiste, in sostanza, a una gestione reattiva piuttosto che proattiva, caratterizzata da un’inversione di tendenza tardiva e poco convincente.
Le prossime elezioni regionali del 5 e 6 ottobre rappresentano un momento cruciale per il futuro della Calabria.
I cittadini sono chiamati a valutare attentamente le differenze sostanziali tra una visione politica radicata nella concretezza delle necessità locali e un approccio guidato da dinamiche di potere e logiche clientelari, che hanno finora alimentato disuguaglianze e marginalizzazione.
È necessario un cambio di rotta, un nuovo inizio, per restituire alla Calabria la dignità che merita.