Nel cuore della Calabria, si conclude un’operazione di portata significativa che svela un intricato sistema di infiltrazioni mafiose nel tessuto economico reggino.
I finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore complessivo di 21 milioni di euro, colpendo un gruppo imprenditoriale localmente rilevante, indiziato di stretti rapporti con la pericolosa cosca Labate, una delle più influenti all’interno della ‘ndrangheta.
La decisione, resa definitiva dalla Corte d’Appello e ratificata dalla Cassazione, pone fine ad un’istruttoria iniziata nel 2020 con un primo sequestro preventivo disposto dal Tribunale, sezione misure di prevenzione, a seguito delle indagini condotte dal Gruppo della Guardia di Finanza e nell’ambito dell’operazione “Heliantus”.
L’indagine ha svelato come il gruppo imprenditoriale, operante nel florido settore del noleggio di slot machine, della gestione di piattaforme di gioco online e di centri scommesse, abbia consolidato la propria posizione dominante nel territorio grazie alla protezione e al favore diretto della cosca Labate.
Questo accordo illecito, configurabile come reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ha permesso all’azienda di eludere la concorrenza, imporre prezzi, e generare profitti esorbitanti, alimentando in modo significativo le attività illecite del sodalizio.
L’attività di indagine ha portato alla luce una serie di ulteriori condotte criminali perpetrate all’interno delle società, tra cui la concessione illegale di credito ai clienti, l’organizzazione di attività di gioco non autorizzate e l’esercizio dell’estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Un episodio particolarmente emblematico risale al 2012, quando un ordigno esplosivo – una “bombetta” – venne utilizzato per intimidire un debitore e costringerlo a saldare un debito di 60.000 euro, evidenziando la brutalità e l’efficacia della macchina estorsiva mafiosa.
La vicenda si inserisce in un contesto più ampio, che vede il gruppo imprenditoriale ereditare una posizione dominante precedentemente detenuta da un altro imprenditore reggino, soprannominato il “re dei videogiochi”, successivamente condannato per reati di stampo mafioso e sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e personali.
L’acquisizione di questa quota di mercato, effettuata con la complicità della cosca, ha determinato un’impennata dei profitti delle società coinvolte, rafforzando ulteriormente il legame tra affari e criminalità organizzata.
Elementi cruciali nella ricostruzione del quadro illecito sono giunti dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia di elevato profilo.
Questi testimoniano il flusso di denaro illecito dalla società a esponenti della cosca Labate, spesso in assenza di prestazioni lavorative.
Altri collaboratori hanno descritto attività di recupero crediti eseguite con metodi estorsivi e l’utilizzo di servizi di polizia privata per proteggere le sale da gioco da furti, dimostrando una gestione “chiavi in mano” del business affidata alla ‘ndrangheta.
Il provvedimento di confisca riguarda una vasta gamma di beni: quattro immobili, sette società e disponibilità finanziarie, destinati ora alla confisca e al riutilizzo a fini sociali.
L’operazione non solo rappresenta un significativo successo nella lotta alla criminalità organizzata, ma sottolinea anche la necessità di un’azione costante e coordinata per smantellare i complessi sistemi di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico e sociale della Calabria.
La vicenda, inoltre, evidenzia la fragilità del sistema economico locale, vulnerabile a manipolazioni e condizionamenti da parte di organizzazioni criminali.