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martedì 11 Novembre 2025

Catanzaro, chiude la preghiera islamica: un caso di laicità?

La recente dismissione dello spazio dedicato alla pratica islamica all’Università Magna Graecia di Catanzaro, inaugurato a ridosso della fine del 2023, ha riacceso un acceso dibattito sull’opportunità di spazi di culto all’interno delle istituzioni accademiche italiane e sulle implicazioni che tali scelte comportano per l’identità universitaria e l’inclusione religiosa.

L’annuncio della chiusura, diffuso dalla Lega attraverso i canali social, è stato preceduto da un’interrogazione parlamentare promossa dal deputato Rossano Sasso, che ha espresso preoccupazioni riguardanti una presunta “islamizzazione” della società, percepita come un’incursione ideologica a danno del primato dell’offerta didattica e del benessere degli studenti.
La decisione di istituire il luogo di culto, che aveva previsto la gestione da parte dell’associazione Dar Assalam Odv tramite una specifica convenzione con l’Ateneo, era stata giustificata dal rettore Giovanni Cuda come risposta a un effettivo bisogno manifestato da una parte della comunità universitaria – studenti, personale sanitario e pazienti – un bisogno che riconosceva il diritto alla libertà religiosa sancito dall’articolo 19 della Costituzione Italiana.
Questa libertà, infatti, garantisce a tutti il diritto di professare la propria fede in pubblica e privata, nel rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico.
Tuttavia, la scelta di dedicare spazi universitari alla pratica religiosa solleva questioni complesse.

L’Università, in quanto centro di ricerca, istruzione e sviluppo culturale, ha il dovere di promuovere il dialogo interculturale e l’accoglienza di diverse fedi, ma deve anche bilanciare questo impegno con la priorità di garantire un’offerta formativa di alta qualità e di assicurare servizi adeguati a tutti gli studenti.
L’allocazione di risorse – sia in termini di spazio fisico che di finanziamenti – per un luogo di culto può essere percepita come una sottrazione di risorse che potrebbero essere destinate a migliorare l’infrastruttura universitaria, incrementare le borse di studio o arricchire l’offerta didattica.

Inoltre, la presenza di un luogo di culto all’interno di un’istituzione pubblica come l’Università può generare tensioni e controversie, soprattutto in un contesto sociale caratterizzato da crescenti preoccupazioni legate all’immigrazione e all’integrazione religiosa.

La percezione di una “islamizzazione” – termine spesso caricato di connotazioni ideologiche e pregiudiziali – può alimentare sentimenti di diffidenza e ostilità nei confronti della comunità musulmana e compromettere la coesione sociale.

La vicenda di Catanzaro, pertanto, non è solo una questione di gestione di spazi universitari, ma riflette un più ampio dibattito sulla laicità dello Stato, sul ruolo delle religioni nella sfera pubblica e sull’equilibrio tra libertà religiosa e diritti degli altri.

La decisione finale, che ha portato alla dismissione dello spazio dedicato al culto islamico, evidenzia la complessità di tali equilibri e la necessità di un confronto aperto e costruttivo per affrontare le sfide poste dalla crescente diversità religiosa nella società italiana.

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