La vicenda processuale legata alla tragica scomparsa di Francesco Chimirri, strappato alla vita a Crotone il 3 ottobre 2024, solleva una questione di profonda rilevanza costituzionale, al centro di un acceso dibattito sul diritto alla giustizia per le vittime di reato.
L’omicidio, nato in un contesto di violenta aggressione che coinvolse i familiari della vittima e il vice ispettore Giuseppe Sortino, e culminato in un colpo di arma da fuoco sparato da un agente di polizia, ha generato una complessa vicenda giudiziaria che ora giunge all’attenzione della Corte Costituzionale.
Inizialmente, il Giudice per le Indagini (GIP) di Crotone, Elisa Marchetto, ha accolto la richiesta della Procura della Repubblica, disposta all’archiviazione del caso per legittima difesa.
Questa decisione, tuttavia, ha generato forte contestazione da parte dei familiari di Chimirri, assistiti dagli avvocati Tiziano Saporito e Andrea Filici, che hanno immediatamente espresso dubbi sull’imparzialità del giudice Marchetto.
 Il motivo della contestazione risiede in un precedente provvedimento cautelare emesso dalla stessa giudice a carico di quattro persone coinvolte nell’aggressione al poliziotto, percepito come un segnale di orientamento preconcetto sulla vicenda.
La richiesta di ricusazione, presentata dai difensori dei familiari, è stata respinta in appello dalla Corte di Catanzaro, la quale ha negato alla persona offesa il diritto di ricusare il giudice.
Questa decisione ha innescato un ricorso in Cassazione, il quale, con ordinanza del 2 ottobre 2024, ha riconosciuto la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
La decisione della Corte di Cassazione assume un significato che va ben oltre il singolo caso Chimirri, rappresentando una potenziale pietra miliare nell’evoluzione del diritto processuale penale.
 Essa apre un interrogativo fondamentale: può, e deve, la vittima di un reato essere dotata del potere di garantire la terzietà e l’imparzialità del giudice che ne amministra la giustizia? Il principio del giusto processo, sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, implica non solo il diritto a un giudizio equo, ma anche la garanzia di un giudice libero da pregiudizi e condizionamenti.
L’accoglimento della questione da parte della Corte Costituzionale potrebbe avere conseguenze di notevole impatto.
 In primo luogo, potrebbe portare alla revoca dell’ordinanza di archiviazione e all’affidamento del caso a un diverso giudice, garantendo una nuova valutazione delle prove e delle circostanze.
In secondo luogo, potrebbe instaurare un precedente giuridico volto a riconoscere il diritto di ricusazione come strumento di tutela della dignità e dei diritti delle vittime di reato, promuovendo una maggiore fiducia nel sistema giudiziario.
Il principio invocato dagli avvocati Saporito e Filici non si limita a una rivendicazione individuale, ma si configura come un’affermazione di un diritto fondamentale: il diritto di ogni cittadino a un giudice terzo e imparziale, garante di una giustizia equa e accessibile a tutti.
La decisione della Corte Costituzionale si preannuncia quindi cruciale per delineare i confini del potere giudiziario e rafforzare il ruolo della vittima nel processo penale.



 
                                    


