sabato, 19 Luglio 2025
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Confisca da 800.000 euro: duro colpo alla ‘ndrangheta nel Crotonese

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Un significativo colpo alla criminalità organizzata è stato inferto dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Catanzaro, con l’esecuzione di una confisca definitiva di beni per un valore di circa 800.

000 euro.
Il provvedimento, emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro e consacrato dall’inerzia della Corte di Cassazione, rappresenta l’epilogo di un’articolata indagine – denominata “Profilo Basso” – condotta dalla Distrettuale Antimafia di Catanzaro, mirata a smantellare un complesso sistema di riciclaggio di capitali e di elusione fiscale a favore di potenti famiglie di ‘ndrangheta operanti nel crotonese.
I beni confiscati, di natura eterogenea, comprendono conti correnti bancari, investimenti finanziari, proprietà immobiliari e beni mobili di lusso, che rappresentavano il frutto di attività illecite orchestrate da quattro individui riconosciuti colpevoli in via definitiva di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio aggravati dall’associazione mafiosa.

L’indagine ha rivelato un modus operandi particolarmente sofisticato e pervasivo, in cui i condannati assumevano il ruolo di “facilitatori” finanziari, erigendo una rete di società fittizie – spesso definite nel linguaggio investigativo come “cartiere” – al servizio delle cosche di San Leonardo di Cutro e Roccabernarda.
Queste società “fantasma” venivano utilizzate per emettere fatture per operazioni inesistenti, un meccanismo fraudolento che permetteva a imprese colluse di evadere massicciamente imposte sui redditi e IVA, alterando profondamente il tessuto economico del territorio e sottraendo risorse significative all’Erario.

La creazione di queste strutture complesse non si limitava all’evasione fiscale.
I proventi illeciti, dopo essere stati “ripuliti” attraverso le società cartiere, venivano poi reinvestiti in beni di lusso e immobili, mascherandone l’origine criminale e perpetrando un ciclo di riciclaggio sofisticato e difficile da intercettare.

L’azione della DIA ha quindi colpito non solo la fase di creazione del patrimonio illecito, ma anche la sua successiva “sanificazione” attraverso il reinvestimento.

Questa confisca, al di là del valore economico diretto, assume un significato simbolico rilevante, dimostrando l’efficacia degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata e sottolineando l’importanza di un approccio investigativo che si concentra sulla tracciabilità dei flussi finanziari e sulla capacità di penetrare le complesse architetture societarie utilizzate dalle organizzazioni criminali per occultare i propri profitti.
L’operazione evidenzia, inoltre, come la ‘ndrangheta si sia evoluta, assumendo competenze sempre più complesse in ambito finanziario, rendendo ancora più cruciale una collaborazione sinergica tra forze dell’ordine, magistratura e istituzioni finanziarie per contrastare efficacemente la sua attività.

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