La resilienza si fa strada, incrinando la prevedibilità. L’annuncio di Mimmo Lucano risuona come un monito: una nuova fase di confronto si apre, a seguito della decisione del tribunale di Locri che ne ha sancito la decadenza dalla carica di sindaco di Riace. La sentenza, che segna un punto fermo apparentemente ineluttabile, si radica in un quadro giuridico complesso, l’applicazione della legge Severino, scaturita da una condanna a un anno e mezzo di reclusione per presunto falso, emessa nel processo Xenia.Questa vicenda, ben oltre la mera questione giuridica, incarna un profondo conflitto tra due visioni contrastanti del ruolo dell’istituzione, della giustizia e, soprattutto, dell’accoglienza. Il processo Xenia, nato da accuse di illeciti nella gestione dei flussi migratori a Riace, ha rappresentato un banco di prova per un modello di gestione dell’immigrazione basato sull’integrazione, sulla valorizzazione delle risorse locali e sulla profonda umanità, un approccio che Lucano ha incarnato e promosso con dedizione e coraggio.La legge Severino, progettata per garantire l’integrità della pubblica amministrazione, si trova in questo caso a incrociarsi con un’esperienza di governo locale radicalmente innovativa, un laboratorio sociale che ha saputo generare opportunità e costruire ponti dove altri vedevano solo barriere. La vicenda solleva interrogativi fondamentali: è possibile, e quanto è giusto, applicare a un’esperienza così peculiare uno strumento legislativo pensato per casi di corruzione e malaffare?La decadenza di Lucano non è semplicemente la perdita di una carica amministrativa, ma la messa in discussione di un intero paradigma di accoglienza e di gestione delle fragilità. È un attacco a un modello che ha dimostrato la possibilità di costruire comunità inclusive e solidali, in grado di trasformare una sfida in un’opportunità di crescita per tutti.L’annuncio della nuova battaglia di Lucano non è un gesto di sfida fine a sé stesso, ma un appello alla coscienza civile, un invito a non arrendersi di fronte alle ingiustizie e a difendere i valori di umanità, accoglienza e solidarietà che hanno sempre contraddistinto Riace. È un monito a non lasciare che una decisione giudiziaria, figlia di un contesto politico e mediatico spesso distorto, cancelli un’esperienza unica e irripetibile, un esempio luminoso di come l’impegno civile e la creatività possano fare la differenza, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. Il futuro di Riace, e forse anche di un’Italia più giusta e accogliente, è ora in gioco.
Lucano sfida la sentenza: un monito per l’accoglienza.
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