Un’operazione finanziaria di rilevanza strategica, che intercetta flussi e aggrega un patrimonio mobiliare e immobiliare stimato in oltre 4,5 milioni di euro, ha portato alla sottrazione di beni a due figure apicali della cosca Anello-Fruci, operante nel territorio di Filadelfia (Vibo Valentia): Rocco Anello, 64 anni, e Francescantonio Anello, 36 anni.
Il provvedimento, emanato dal Tribunale di Catanzaro, sezione specializzata nelle misure di prevenzione, si configura come una cesura significativa nella lotta alla criminalità organizzata, mirata a colpire non solo l’attività illecita, ma anche le fondamenta economiche che la sostengono.
L’azione deludente ha interessato una pluralità di asset: terreni di pregio, capannoni industriali, edifici commerciali e residenziali, inclusa una villa di lusso collocata in un esclusivo complesso residenziale di Parghelia.
Particolarmente significativa è la sottrazione di un’impresa individuale, con il relativo patrimonio aziendale, che costituisce un nodo cruciale nell’intreccio finanziario della cosca.
Questa operazione non si limita a un sequestro, ma proietta una luce intensa sulle dinamiche di accumulo e riciclaggio di capitali illeciti.
I due soggetti coinvolti, Rocco e Francescantonio Anello, sono stati identificati come elementi di primaria importanza all’interno della cosca, dimostrando un’elevata pericolosità sociale.
La loro inclusione nell’ambito di indagini pregresse, come “Imponimento”, che ha portato a condanne definitive per associazione mafiosa, estorsione e reati connessi, conferma il ruolo centrale che ricoprono nella struttura criminale.
La recente condanna definitiva di Rocco Anello nell’inchiesta “Dedalo-Petrolmafie”, per estorsione aggravata con l’agevolazione della cosca, evidenzia il coinvolgimento in attività illecite di ampio respiro, che vanno oltre il territorio locale.
L’azione deludente è il culmine di complesse indagini economico-patrimoniali, orchestrate dalla Procura Distrettuale di Catanzaro e condotte da specialisti dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata) di Roma e del G.
I.
C.
O.
(Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) di Catanzaro.
Le indagini hanno svelato una marcata disarmonia tra il valore complessivo dei beni in disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati ai fini fiscali, segnalando con chiarezza l’origine illecita di una parte significativa del patrimonio accumulato.
Questo squilibrio finanziario, un campanello d’allarme cruciale, ha fornito le basi per il sequestro preventivo.
Il provvedimento si inserisce in una procedura cautelare complessa, che prevede una fase di contraddittorio dinanzi al Tribunale di Catanzaro, sezione specializzata nelle misure di prevenzione.
Questa fase è essenziale per garantire il diritto di difesa degli indagati e per valutare, in modo approfondito, la sussistenza dei presupposti necessari per la successiva confisca dei beni, una misura definitiva che mira a privare la cosca dei suoi strumenti finanziari e a restituire alla collettività il patrimonio illecitamente acquisito.
L’operazione si configura come un tassello fondamentale nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata, focalizzata sulla prosciugamento delle risorse economiche che ne garantiscono la sopravvivenza e la capacità operativa.






