Sequestro da 9 milioni all’ospedale di Catanzaro: inchiesta sulla privatizzazione del servizio oculistico.

Un’operazione di rilevanza nazionale ha colpito l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Renato Dulbecco di Catanzaro, con un sequestro conservativo di beni per un valore complessivo di oltre 9 milioni di euro.

L’azione, eseguita dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro su delega della Procura Regionale della Corte dei Conti della Calabria, mira a risanare un danno erariale derivante da una presunta gestione illecita e privatizzante all’interno del complesso oculistico.

L’indagine, nata da un procedimento penale che aveva portato inizialmente agli arresti domiciliari – poi revocati in appello – del primario Vincenzo Scorcia e della segretaria Maria Battaglia, estende la sua attenzione a un totale di dodici persone coinvolte in dinamiche sospette.

Le accuse contestate spaziano dall’associazione a delinquere, peculato e concussione, alla truffa aggravata, interruzione di pubblico servizio, falsità ideologica, autoriciclaggio, delineando un quadro di presunte attività illecite che hanno compromesso l’integrità del servizio sanitario pubblico.
Al cuore dell’inchiesta vi è la scoperta di un sistema di elusione delle liste d’attesa, che permetteva ai pazienti di ottenere visite private a pagamento per accelerare l’accesso alle prestazioni sanitarie e alle operazioni chirurgiche.
Questo meccanismo, di fatto, ha creato una sorta di “servizio parallelo”, dove i benefici della gratuità del sistema sanitario nazionale venivano elusi a favore di chi era disposto a pagare, generando un danno economico allo Stato e discriminando i cittadini meno abbienti.
Le successive indagini condotte dai finanzieri hanno rivelato un ventaglio più ampio di irregolarità, con presunte condotte volte a sottrarre risorse pubbliche.

Tra queste figurano l’indebita percezione di indennità di esclusività, emolumenti non dovuti, la mancata dichiarazione dei proventi derivanti da attività di lavoro autonomo illegittimamente esercitata, una vera e propria privatizzazione di un servizio pubblico e l’appropriazione indebita di beni pubblici destinati a fini privati.
La gravità delle irregolarità emerse ha portato il presidente della Sezione Giurisdizionale per la Calabria della Corte dei Conti a emettere un decreto di sequestro conservativo, con un ammontare complessivo di 9.179.086 euro.

La maggior parte di questa somma è gravata sul primario Scorcia, con una quota significativa condivisa con Battaglia e una caposala, con l’obiettivo di tutelare il patrimonio pubblico e assicurare il risarcimento del danno erariale causato dalle attività illecite accertate.

L’operazione evidenzia una pericolosa erosione dei principi fondamentali dell’equità e dell’accessibilità alle cure, ponendo seri interrogativi sulla governance e sulla trasparenza all’interno delle strutture sanitarie pubbliche.

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