L’amara constatazione che interi campi di angurie, frutto di mesi di duro lavoro e ingenti investimenti, vengano deliberatamente abbandonati a marcire in terra crotonese, rappresenta una ferita aperta nel tessuto economico e sociale della Calabria.
La proposta commerciale, ridotta a una miseria di sette-otto centesimi al chilogrammo, si rivela insostenibile, incapace di coprire neanche i costi minimi di produzione.
Un paradosso ancora più doloroso emerge se si confrontano queste condizioni con l’abbondante offerta di angurie, e più in generale di meloni, provenienti da mercati esteri, ampiamente disponibili nei punti vendita della grande distribuzione.
Questo scenario drammatico non è un episodio isolato, bensì si inserisce in un contesto nazionale caratterizzato da una profonda crisi del settore orticolo.
La siccità, fattore aggravante di una situazione già precaria, ha contribuito a un crollo dei prezzi che mette a dura prova la tenuta delle aziende agricole, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, pilastri fondamentali del nostro sistema produttivo rurale.
La Coldiretti Calabria lancia un appello urgente per il riconoscimento formale della gravità di questa emergenza.
Non si tratta solo di una questione economica, ma di tutela del reddito degli agricoltori, di salvaguardia della loro dignità e della sopravvivenza di un comparto strategico per l’economia nazionale.
L’invito è quello di contrastare con fermezza la concorrenza sleale, che distorce i mercati e penalizza i produttori italiani, costretti a competere con prodotti importati spesso a prezzi artificialmente bassi, privi di garanzie di qualità e sicurezza alimentare.
Pietro Bozzo, direttore interprovinciale Coldiretti Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia, sottolinea la necessità impellente di uniformare le regole di gioco per tutti gli operatori del settore.
È imprescindibile garantire la trasparenza lungo l’intera filiera, dall’azienda agricola al consumatore finale, tracciando con precisione l’origine dei prodotti e rafforzando i controlli sulle importazioni, spesso soggette a manipolazioni e speculazioni.
La riduzione del lavoro agricolo a “merce di scarto” è un’ingiustizia che mina le fondamenta del nostro patrimonio rurale e culturale, richiedendo un intervento immediato e risolutivo per restituire dignità e valore al lavoro del campo.
La difesa del Made in Italy non è solo una questione di etichette, ma di rispetto per chi produce il cibo che nutre il nostro Paese.