Un velo di ottimismo retorico, un’immagine distorta della realtà nazionale, un quadro dipinto ad acquerelli che sbiadiscono al contatto con le difficoltà quotidiane: questo è il racconto ufficiale che ci viene offerto.
Ma chi vive a stretto contatto con le persone, ascolta le loro storie, percepisce l’angoscia nei loro occhi, sa bene che la narrazione governativa è un’illusione.
La verità è ben diversa: famiglie che lottano per la sussistenza, un sistema sanitario fragile e inaccessibile, un’industria nazionale che si disgrega, lasciando dietro di sé un vuoto di opportunità e prospettive.
È un grido d’allarme che si leva dalle strade, un bisogno impellente di azione, di ribellione pacifica, di un’opposizione attiva e costante finché le istanze del popolo non saranno finalmente riconosciute e affrontate con concretezza.
Come ha sottolineato Marco Falcinelli, segretario generale nazionale Filctem Cgil, la discrepanza tra la realtà percepita e quella comunicata è un divario incolmabile che richiede un impegno collettivo.
A Crotone, durante la manifestazione regionale indetta dallo sciopero generale, si è manifestata una rabbia contenuta ma palpabile, una frustrazione accumulata da anni di promesse non mantenute.
“La partecipazione è stata travolgente”, ha affermato Gianfranco Trotta, segretario generale Cgil Calabria.
“La Calabria ha parlato, ha urlato la sua stanchezza.
” L’affluenza di 5000 persone a Crotone, un numero significativo se comparato ad altre iniziative, testimonia la crescente insofferenza verso una politica che sembra aver dimenticato l’esistenza di una parte significativa del Paese.
La scelta di Crotone come luogo simbolo della manifestazione non è casuale.
La città incarna le problematiche strutturali che affliggono l’intero Mezzogiorno: la carenza di infrastrutture, l’isolamento logistico, la disindustrializzazione, la presenza di aree inquinate da attività industriali dismesse, l’elevato tasso di lavoro nero e precario.
Crotone rappresenta l’emblema di un territorio marginalizzato, abbandonato a sé stesso, dove la speranza di un futuro migliore sembra sempre più un miraggio.
La vera emergenza è che il Mezzogiorno è stato cancellato dall’agenda politica, relegato in una posizione di invisibilità, privato di risorse e di attenzione.
Si tratta di un’omissione gravissima, una scelta inaccettabile che mina la coesione sociale e compromette il futuro dell’intero Paese.
Non si può continuare a ignorare le sofferenze di un territorio intero, a negargli le opportunità di sviluppo e di crescita.
È necessario un cambio di rotta, un’inversione di tendenza, un impegno concreto per colmare il divario che separa il Nord e il Sud.
La mobilitazione, lo sciopero, la protesta sono strumenti legittimi e necessari per far sentire la voce di chi è stato dimenticato, per rivendicare il diritto a un futuro dignitoso e prospero.
Il silenzio, la rassegnazione, la passività non sono un’opzione.






