mercoledì 3 Settembre 2025
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Ponte Messina: Ambientalisti denunciano violazioni UE e impatti ambientali

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina si trova ad affrontare un’incongruenza cruciale: l’evidenza inequivocabile di un impatto ambientale significativo, un dato che, dopo anni di reticenze, è stato riconosciuto anche dai promotori dell’opera.
Per cercare di superare questo stallo, è stata attivata una procedura eccezionale, volta a consentire la realizzazione del Ponte solo a condizione del rigoroso rispetto delle normative comunitarie.
Tuttavia, questa condizione fondamentale non è stata osservata, sollevando serie preoccupazioni che hanno portato le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf a presentare un nuovo esposto all’Unione Europea, integrativo di una precedente denuncia del 27 marzo.

L’oggetto principale del reclamo riguarda il secondo parere della Commissione VIA-VAS (numero 72/2025), che ha concluso la cosiddetta “procedura di livello III della VINCA” (Valutazione d’Incidenza).
Questa procedura, resa obbligatoria dal primo parere della stessa Commissione (n.

19/2024), pur esprimendosi positivamente sulla compatibilità ambientale dell’opera, l’ha subordinata al rispetto di ben 62 prescrizioni, molte delle quali restano in sospeso.
L’attivazione di una procedura così specifica denota, secondo le associazioni, la presenza di impatti ambientali intrinseci al progetto, circostanza che ne giustifica l’esistenza stessa.

La Commissione VIA-VAS ha infatti messo in luce le ripercussioni ambientali che il Ponte inevitabilmente genererebbe, rendendo necessaria, per poter procedere con l’autorizzazione nonostante l’impatto su siti Natura 2000, l’attivazione di una procedura di autorizzazione in deroga.
Tale procedura, rigorosa e complessa, richiede il soddisfacimento di tre requisiti imprescindibili: l’assenza di alternative praticabili al progetto che ne mitighi gli effetti negativi, la sussistenza di motivazioni imperative di interesse pubblico prevalente che ne giustifichino la realizzazione, e la predisposizione di interventi compensativi in grado di bilanciare i danni ambientali provocati.
Secondo Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf, nessuno di questi requisiti è stato effettivamente soddisfatto.

Il tentativo di dimostrarne la sussistenza appare, a loro avviso, una manovra strumentale volta a eludere una valutazione più approfondita che, diversamente, avrebbe richiesto l’intervento dell’Unione Europea.

In particolare, le motivazioni addotte dal governo per giustificare l’interesse pubblico prevalente, al di là di valutazioni economiche spesso contestabili e di proiezioni di benefici eccessivamente ottimistiche, includono l’asserzione di un interesse strategico in termini di sicurezza militare, gestione di emergenze sanitarie e protezione civile.
L’invocazione di tali motivazioni dovrebbe, di norma, esentare il progetto dal parere comunitario, ma in questo caso solleva dubbi sulla sua legittimità.

Le associazioni ambientaliste sostengono che la procedura comunitaria sia stata deliberatamente aggirata, e che l’Italia stia pertanto violando le disposizioni contenute nelle direttive Habitat e Uccelli.

La violazione di queste direttive rappresenta una grave infrazione del diritto europeo, che mina i principi fondamentali di tutela ambientale.

Il nuovo reclamo all’Unione Europea è quindi una misura necessaria per garantire il rispetto del diritto e la salvaguardia del patrimonio naturale del Mediterraneo.

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