Il prossimo 8 e 9 giugno il nostro Paese si appresta a celebrare un momento cruciale per il suo assetto democratico: il referendum abrogativo. Questo appuntamento non si configura come una mera formalità istituzionale, ma come un’occasione profonda per la riflessione collettiva e per l’esercizio consapevole della cittadinanza, soprattutto per coloro che vivono la fede cristiana, chiamati a interpretare il ruolo di custodi del bene comune e portatori di speranza. Partecipare attivamente al voto è un atto che trascende l’individualità, diventando un’espressione matura di civiltà, un sigillo di fedeltà al progetto sociale condiviso e una declinazione concreta di quella carità che si traduce in impegno attivo per il bene di tutti. Monsignor Francesco Savino, Vice Presidente della Cei e Vescovo di Cassano allo Ionio, in una nota intitolata “Partecipare è custodire la democrazia”, sottolinea con forza l’importanza di questo dovere civico.Votare in maniera informata e consapevole, pertanto, non è un gesto neutro o un optional, ma una forma di carità attiva che contribuisce alla costruzione di una società più giusta e coesa. I cinque quesiti referendari proposti non sono marginali; essi toccano le fondamenta stesse della nostra convivenza civile, interrogando il modello di società che aspiriamo a realizzare. Pur rinunciando a indicazioni dirette su come esprimere il voto, è imperativo, in quanto guide spirituali e cittadini, sollecitare ognuno a non sottrarsi all’appuntamento con la propria coscienza e con la comunità. In un’epoca segnata da una crescente tentazione di astensione, è fondamentale affermare con chiarezza che il silenzio, pur formalmente legittimo, può trasformarsi in una “impotenza deliberata”, un’assenza che svuota la democrazia della sua linfa vitale, del suo significato partecipativo.Monsignor Savino condivide le dichiarazioni di altri esponenti religiosi, ribadendo che l’obiettivo non è sostenere una specifica corrente politica, ma preservare una visione alta e generosa della democrazia, intesa come spazio comune di corresponsabilità e come un bene fragile, da proteggere ogni giorno con dedizione. Oggi più che mai, è essenziale riscoprire la consapevolezza che la vita pubblica non è un dato scontato, un dono dall’alto, ma una pratica quotidiana che si nutre dell’impegno e del coinvolgimento attivo di ciascun cittadino. Il referendum, proprio per la sua capacità di coinvolgere direttamente i cittadini su decisioni legislative che riguardano temi cruciali della nostra esistenza – come il diritto al reintegro per lavoratori licenziati ingiustamente, la tutela delle piccole imprese, la lotta alla precarietà contrattuale, la sicurezza negli appalti e, in modo particolarmente significativo, l’accesso alla cittadinanza per chi risiede stabilmente nel nostro Paese – rappresenta un’opportunità rara e preziosa per la manifestazione diretta della sovranità popolare, libera da intermediari e filtri.In particolare, il quesito relativo alla cittadinanza stimola una profonda riflessione sulla nostra identità di credenti e di cittadini: ci interroga sulla giustizia di mantenere ostacoli temporali eccessivi per il riconoscimento giuridico a persone che da anni vivono, lavorano, studiano e contribuiscono alla vita delle nostre comunità. Non si tratta di una concessione, ma del riconoscimento di una realtà già in atto, di un’integrazione silenziosa che merita riconoscimento formale. L’esercizio del voto, in questo contesto, si configura come un atto di accoglienza, di inclusione e di rispetto per la dignità umana, in linea con i principi evangelici di carità e giustizia sociale.
Referendum: Votare è carità, un dovere civico per la democrazia.
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