La riforma radicale del sistema sanitario calabrese rappresenta una priorità imprescindibile, un intervento che trascenda le dinamiche politiche per riorientarsi verso un modello di cura territoriale realmente efficace e inclusivo.
L’attuale assetto, caratterizzato da un afflusso sproporzionato di pazienti verso i grandi ospedali, è il risultato di una profonda carenza di strutture e servizi nelle aree interne, un vuoto che alimenta disuguaglianze e compromette l’accesso alle cure per ampie fasce della popolazione.
È necessario, pertanto, una riprogettazione strategica della rete sanitaria regionale, con la creazione e potenziamento di case di comunità, presidi ospedalieri di aree interne e servizi di medicina territoriale.
Non si tratta solo di costruire edifici, ma di creare un sistema integrato, capace di intercettare i bisogni di salute dei cittadini fin nei primi stadi della malattia, prevenendo l’aggravarsi delle condizioni e riducendo la pressione sugli ospedali.
L’esperienza cubana, pur nata con nobili intenzioni, non può fornire un modello replicabile senza una profonda contestualizzazione.
Il fenomeno dell’emigrazione medica, che ha visto l’abbandono del 30% dei professionisti, è un campanello d’allarme che indica la necessità di un approccio mirato, incentrato sulla valorizzazione del capitale umano locale.
Un piano di incentivi mirati, come l’agevolazione per l’alloggio – potenzialmente raggiungibile con un investimento di 6-7.000 euro pro capite – potrebbe incentivare il ritorno dei medici calabresi che operano in altre regioni, offrendo loro la possibilità di conciliare una carriera professionale gratificante con una migliore qualità della vita.
Questo, unito ad un percorso di carriera chiaro e valorizzante, rappresenterebbe un investimento strategico per il futuro del sistema sanitario regionale.
La campagna elettorale deve essere un’occasione per ascoltare le voci delle aree interne, quelle comunità che troppo spesso si sentono abbandonate e dimenticate.
È fondamentale non limitarsi a visitare le città principali, ma dedicare particolare attenzione a quei borghi, a quelle piazze dove la speranza di accedere a cure adeguate è spesso precaria.
La riflessione sull’azione del precedente governo è inevitabile.
I dati parlano chiaro: in soli quattro anni si è assistito a un incremento della povertà e a un peggioramento della situazione in termini di infrastrutture sanitarie e servizi territoriali, un trend negativo che in quarant’anni non si era mai verificato con la stessa intensità.
La sfida è ambiziosa, ma il momento è cruciale.
La Calabria ha bisogno di una sanità che metta al centro la persona, che risponda ai bisogni reali dei cittadini, che combatta le disuguaglianze e che promuova la salute come diritto fondamentale.
Un progetto che richiede coraggio, visione e soprattutto una sincera volontà di mettere da parte gli interessi politici per il bene comune.