L’emersione di un controverso esposto alla Procura di Roma da parte del cardinale Angelo Becciu, figura centrale nel complesso caso giudiziario legato agli investimenti immobiliari della Segreteria di Stato Vaticana, apre una nuova, inattesa fase. L’atto, che contesta accuse di truffa ed estorsione, dipinge un quadro di presunte manipolazioni orchestrate per condizionare l’esito del procedimento in corso presso il tribunale vaticano. Al cuore della denuncia, riportata dall’Unità di Repubblica, si colloca la figura di Francesca Immacolata Chaouqui, testimone chiave nell’inchiesta vaticana, accusata di aver tessuto una rete illecita volta a garantire la condanna del cardinale Becciu. Le manovre, secondo l’esposto, non si sarebbero svolte in ambito esclusivo vaticano, ma avrebbero trovato terreno fertile e attuazione sul territorio italiano, coinvolgendo soggetti esterni al procedimento giudiziario originario.L’elemento più grave contestato riguarda la presunta alterazione della testimonianza di monsignor Alberto Perlasca, figura centrale dell’accusa e portatore di informazioni cruciali. La denuncia suggerisce una manipolazione mirata a modificare la sua narrazione dei fatti, volta a incastrare il cardinale Becciu.L’iniziativa di Becciu non è un’azione solitaria. L’esposto vede la partecipazione di altri imputati condannati in primo grado: Enrico Crasso, ex gestore finanziario della Segreteria di Stato; Fabrizio Tirabassi, funzionario; e, in un atto separato, il finanziere Raffaele Mincione. Questa convergenza di interessi suggerisce una percezione diffusa di irregolarità e potenziali abusi di potere all’interno del processo.La base probatoria dell’esposto è costituita da un volume significativo di materiale: 325 pagine di chat WhatsApp, già presentate dalla difesa di Mincione in un procedimento parallelo promosso presso le Nazioni Unite. Questi messaggi rivelano una fitta corrispondenza tra Chaouqui e Genoveffa Ciferri, figura legata a monsignor Perlasca. La dinamica emergente dalle conversazioni indica un tentativo deliberato di influenzare il testimone chiave.Secondo quanto riferito, Chaouqui, in un ingegnoso stratagemma, si sarebbe presentata come una magistrata vicina al promotore di giustizia vaticano, utilizzando la mediazione di Ciferri per esercitare pressione su Perlasca e orientare la sua deposizione. L’accusa solleva dubbi sulla genuinità della testimonianza di Perlasca e suggerisce un’interferenza esterna volta a distorcere la verità processuale. L’esposto rappresenta una sfida significativa per le autorità romane, chiamate a valutare le accuse e accertare se siano state effettivamente commesse manipolazioni giudiziarie.