Il dibattito politico su Bibbiano, scatenato dalla recente sentenza di primo grado a Reggio Emilia, si rivela un terreno accidentato, dove accuse e contro-accuse si rincorrono senza apparente possibilità di convergenza.
La sentenza, che ha assolto undici imputati su quattordici, non ha placato la tensione, anzi, ha acuito la polarizzazione tra le forze politiche coinvolte.
Il caso, originato dall’inchiesta “Angeli e Demoni” e deflagrato sei anni fa durante una cruciale campagna elettorale regionale, ha scosso profondamente il tessuto sociale emiliano, sollevando interrogativi complessi e dolorosi riguardo al funzionamento dei servizi sociali, alla responsabilità istituzionale e alla tutela dei minori.
Al di là delle dinamiche partitiche, l’episodio apre una riflessione più ampia sulla delicata gestione degli affidi, un ambito in cui si intrecciano aspetti legali, etici e sociali di estrema sensibilità.
La vicenda Bibbiano non è semplicemente una questione di gestione di risorse o di errori procedurali.
Essa incarna una crisi di fiducia nelle istituzioni, alimentata da storie di vite spezzate e di famiglie disgregate.
La complessità del caso risiede nella difficoltà di conciliare l’imperativo della protezione dei minori con il diritto dei genitori a crescere i propri figli, un equilibrio precario che richiede un’attenta valutazione di ogni singolo caso e una trasparenza ineccepibile nei processi decisionali.
L’assoluzione degli imputati, pur rappresentando un punto fermo giuridico, non preclude la necessità di un’indagine approfondita sulle responsabilità, sia a livello amministrativo che politico.
È fondamentale accertare se vi siano state carenze strutturali nei servizi sociali, se i criteri di valutazione degli affidi abbiano subito distorsioni e se la formazione del personale sia stata adeguata a gestire situazioni così delicate.
Il caso Bibbiano ci ricorda che i servizi sociali non sono un mero strumento di assistenza, ma un pilastro fondamentale per il benessere della comunità.
La loro efficacia dipende dalla qualità del personale, dalla trasparenza dei processi e dalla capacità di ascolto delle esigenze dei singoli cittadini.
Ignorare o minimizzare le criticità che emergono significa compromettere la fiducia nella pubblica amministrazione e mettere a rischio il futuro dei minori.
La richiesta del Partito Democratico di continuare a parlare del caso e la replica della destra a sollecitare ulteriormente la discussione dimostrano la difficoltà di affrontare un tema così controverso e doloroso.
Ma è proprio in queste discussioni, per quanto accese e polarizzate, che si può sperare di trarre insegnamenti preziosi e di costruire un sistema di servizi sociali più giusto, trasparente ed efficace, capace di tutelare al meglio i diritti dei minori e di sostenere le famiglie nel loro percorso genitoriale.
Il silenzio, in questo caso, sarebbe una forma di complicità.