La recente sentenza n.
115 della Corte Costituzionale segna un punto di svolta significativo nell’interpretazione e applicazione dei diritti legati alla genitorialità nel diritto del lavoro italiano.
La decisione, depositata oggi, dichiara l’illegittimità costituzionale, nella parte rilevante, dell’articolo 27-bis del decreto legislativo n.
151 del 2001, in relazione alla sua esclusione del congedo di paternità obbligatorio per le lavoratrici madri intenzionali in coppie di donne, ufficialmente riconosciute come genitori attraverso i registri dello stato civile.
La decisione della Corte non si limita a una mera interpretazione letterale della legge, ma si fonda su principi cardine del sistema costituzionale italiano, quali l’uguaglianza sostanziale, il diritto alla parità di trattamento e la tutela della famiglia, intesa nella sua evoluzione sociale.
L’articolo 27-bis, originariamente concepito in un contesto normativo che rifletteva una visione tradizionale della famiglia, si è rivelato in contrasto con la realtà sociale attuale, che riconosce e protegge sempre più le diverse forme di famiglia.
La Corte Costituzionale ha sottolineato come l’esclusione del congedo di paternità per le madri intenzionali in coppie di donne generi una disparità irragionevole rispetto ai lavoratori uomini, non tenendo conto del ruolo attivo e fondamentale che queste madri svolgono nella crescita e nell’educazione dei figli.
Questa disparità, inoltre, incide negativamente sulla loro dignità e sulla loro piena partecipazione alla vita lavorativa e sociale.
La sentenza apre a una riformulazione dell’articolo 27-bis, richiedendo un adeguamento normativo che estenda il diritto al congedo di paternità a tutte le madri intenzionali in coppie di donne, indipendentemente dal fatto che abbiano legalmente riconosciuto o meno il proprio ruolo genitoriale.
Questo implica una revisione della logica che lega il diritto al congedo di paternità al sesso biologico o alla figura del “padre” come tradizionalmente intesa.
La decisione della Corte Costituzionale rappresenta un importante passo avanti verso una piena inclusione delle famiglie non tradizionali nel tessuto giuridico e sociale italiano.
Essa riconosce implicitamente la necessità di superare modelli interpretativi rigidi e stereotipati, abbracciando una visione più ampia e flessibile della genitorialità e della famiglia.
Le implicazioni di questa sentenza si estendono al di là del singolo diritto al congedo di paternità, aprendo la strada a ulteriori rivisitazioni di norme e politiche volte a garantire la piena parità di trattamento per tutte le forme di famiglia e a promuovere la loro piena integrazione nella società.
In sintesi, la sentenza n.
115 del 2024 della Corte Costituzionale segna un momento cruciale per l’evoluzione del diritto di famiglia in Italia.