La crisi del sistema di emergenza-urgenza italiana si manifesta con una progressiva contrazione dell’offerta di servizi, evidenziata da un dato allarmante: la scomparsa di quasi un decimo dei pronto soccorso nel Paese negli ultimi dodici anni. Da un totale di 808 strutture operative nel 2011, si è passati a sole 693 nel 2023, una riduzione significativa che solleva serie preoccupazioni circa l’accessibilità e la qualità dell’assistenza in situazioni di urgenza.Questa contrazione dell’offerta non si verifica in isolamento. Parallelamente, si osserva una diminuzione degli accessi ai pronto soccorso, quantificabile in una riduzione del tasso di utilizzo per mille abitanti, passato da 363 a 311. Questo dato, apparentemente positivo, potrebbe celare dinamiche complesse e potenzialmente problematiche. Potrebbe indicare una progressiva responsabilizzazione dei cittadini nella gestione della propria salute, una maggiore consapevolezza dei servizi territoriali alternativi, o, in maniera più inquietante, una paura crescente di ricorrere ai pronto soccorso a causa della loro saturazione e dei lunghi tempi di attesa.Un elemento apparentemente contraddittorio è l’aumento del numero di medici specializzati. Questo dato, se interpretato isolatamente, suggerirebbe una disponibilità crescente di risorse umane qualificate. Tuttavia, la loro distribuzione e il loro effettivo impiego all’interno del sistema di emergenza-urgenza sono cruciali. Potrebbe verificarsi un fenomeno di “disallineamento” tra offerta e domanda, con medici specializzati che operano in ambiti diversi dall’urgenza-emergenza, o che non vengono sufficientemente integrati nelle strutture di pronto soccorso.Lo studio dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica di Roma, che ha portato alla luce questi dati, invita a una riflessione più ampia sulle cause e le conseguenze di questa trasformazione. La contrazione dei pronto soccorso non è un fenomeno isolato, ma il sintomo di un sistema sanitario sotto pressione, afflitto da problemi strutturali, finanziari e organizzativi.Si tratta di una complessa interazione di fattori, tra cui:* Sottovalutazione del ruolo dei pronto soccorso: Spesso considerati solo come “porte d’accesso” al sistema sanitario, i pronto soccorso non ricevono il riconoscimento e gli investimenti adeguati alla loro importanza cruciale nell’assistenza di emergenza.* Insufficiente sviluppo dell’assistenza territoriale: La carenza di servizi di medicina generale, assistenza domiciliare e specialistica sul territorio spinge molti pazienti a ricorrere al pronto soccorso per problemi che potrebbero essere gestiti a livello ambulatoriale.* Modello di rimborso inadeguato: Il sistema di rimborso delle prestazioni sanitarie spesso disincentiva i medici a lavorare nei pronto soccorso, a causa della bassa remunerazione e dell’elevato carico di lavoro.* Dispersione delle risorse: La frammentazione del sistema sanitario e la mancanza di coordinamento tra le diverse strutture rendono difficile l’ottimizzazione delle risorse umane e finanziarie.* Invecchiamento della popolazione: L’aumento dell’età media della popolazione comporta un aumento della domanda di servizi sanitari, compresi quelli di emergenza-urgenza.Per affrontare questa crisi, è necessario un approccio sistemico e multidisciplinare, che coinvolga tutti gli attori del sistema sanitario, dai medici ai politici, dai pazienti alle associazioni di pazienti. È fondamentale investire nella prevenzione, rafforzare l’assistenza territoriale, ottimizzare l’organizzazione dei pronto soccorso, incentivare l’utilizzo di tecnologie innovative e promuovere la collaborazione tra le diverse strutture sanitarie. Solo attraverso un impegno congiunto sarà possibile garantire a tutti i cittadini italiani un accesso equo e tempestivo all’assistenza di emergenza-urgenza, preservando la salute e la sicurezza della collettività.