La Corte d’Assise di Treviso ha emesso oggi una sentenza definitiva che condanna Bujar Fandaj, 40 anni, a perpetuità, ponendo fine a un processo doloroso che ha scosso profondamente la comunità di Altivole e Riese Pio X. L’artigiano è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Vanessa Ballan, 26 anni, avvenuto il 19 dicembre 2023, un evento tragico che rivela dinamiche di gelosia ossessiva, revenge porn e una escalation di violenza inaccettabile.La vicenda si dipana come un quadro complesso di relazioni interrotte e sentimenti distorti. La decisione di Vanessa di interrompere la relazione con Fandaj, nell’estate del 2023, sembra aver scatenato in lui un vortice di rabbia e frustrazione, sfociato in una campagna di persecuzione psicologica premeditata. L’ex compagno, incapace di accettare la rottura, ha intrapreso una strategia di revenge porn, inviando immagini intime a un convivente della vittima, un atto vile e deliberato volto a umiliare e controllare Vanessa.Questa iniziativa, pur denunciata e temporaneamente efficace nel placare le azioni persecutorie, si rivelò un mero intermezzo in una spirale di ossessione e violenza. La vittima, cassiera e madre di un bambino di cinque anni, si trovava in un periodo di congedo per maternità, un contesto che, paradossalmente, l’ha resa più vulnerabile.L’omicidio è stato perpetrato con brutale ferocia: Fandaj ha forzato una porta finestra per accedere all’abitazione della coppia e ha inflitto a Vanessa otto ferite mortali con un coltello. L’azione, premeditata e calcolata, mirava a infliggere la massima sofferenza e a cancellare la possibilità per la vittima di ricostruire la propria vita. L’aggressore, nel tentativo di eludere la giustizia, ha tentato un piano di fuga per l’estero, un tentativo fallito grazie al rapido intervento dei Carabinieri, che lo hanno arrestato poche ore dopo il deicidio.Durante gli interrogatori, l’imputato inizialmente ha ammesso le proprie responsabilità, per poi tentare, in seguito, di negare la premeditazione del gesto, una strategia difensiva che non è riuscita a scalfire la solidità delle prove a suo carico. Il processo ha messo a galla non solo la gravità del singolo crimine, ma anche le complessità legate alla violenza di genere, al revenge porn e alla necessità di una maggiore consapevolezza dei segnali di allarme che possono precedere atti di violenza estrema. La sentenza di ergastolo rappresenta una risposta severa alla barbarie commessa, ma non può cancellare il dolore e la perdita subiti dalla famiglia e dagli amici di Vanessa, lasciati a confrontarsi con un vuoto incolmabile. La vicenda solleva interrogativi cruciali sull’importanza di prevenire e contrastare le dinamiche di controllo, gelosia ossessiva e violenza psicologica che troppo spesso sfociano in tragedie irreparabili.