Il respiro salmastro, il cielo aperto a tratti velato, il ticchettio ritmico del motore: un’immagine ripetuta, un rito quasi sacro per quattro amici legati da un’inestricabile passione per la pesca. Ogni domenica, la piccola imbarcazione solcava le acque del Mar Ionio, partendo dal porto di Taranto, per dedicarsi a un’attività sportiva che andava oltre la semplice ricerca del pesce; era un momento di evasione, di condivisione, un’occasione per rinsaldare un’amicizia forgiata nel tempo.Poi, un silenzio. Un’assenza improvvisa e inattesa che ha squarciato la tranquillità di una comunità intera. La domenica si è trasformata in un incubo, la speranza in un filo sottile, fragile, sospeso nel vuoto. Dove sono finiti quei quattro uomini? La domanda, angosciante, ha iniziato a rimbalzare tra le case, tra i volti pallidi dei familiari, tra le voci tremanti dei soccorritori.Il ritrovamento del primo corpo, in mare aperto, a largo di Bernalda, ha concretizzato l’incubo. Un’immagine terrificante, una conferma amara della tragedia. La speranza, seppur flebile, si è trasformata in un dolore sordo, palpabile, capace di paralizzare intere famiglie.L’indagine si è immediatamente intensificata, concentrandosi sulla ricostruzione degli ultimi istanti dell’imbarcazione. Le condizioni meteorologiche della giornata, inizialmente apparentemente favorevoli, sono state meticolosamente analizzate alla ricerca di anomalie, di cambiamenti improvvisi che avrebbero potuto innescare una catastrofe. Si è parlato di improvvise raffiche di vento, di onde anomale, di un malfunzionamento tecnico.Ma al di là delle cause, l’attenzione si è concentrata sulla comunità. Quanti ricordi, quanti progetti interrotti. Un vuoto incolmabile lasciato da quattro persone legate indissolubilmente al tessuto sociale di Taranto e dei paesi limitrofi. La ricerca continua, ostinata, alimentata dalla speranza – seppur ridotta – di ritrovare gli altri tre compagni. La comunità, intanto, si stringe in un abbraccio collettivo, cercando conforto nel dolore condiviso, cercando di dare un senso a una perdita improvvisa e incomprensibile. L’eco della tragedia risuona nel vento, un monito silenzioso sulla fragilità dell’esistenza e sull’imprevedibilità del mare, una forza tanto generosa quanto implacabile.