L’arresto recente a Perugia, che coinvolge un giovane di vent’anni con origini marocchine, solleva preoccupazioni crescenti riguardo alla radicalizzazione giovanile e al rischio di terrorismo interno. L’indagine, condotta dai Carabinieri del ROS, ha rivelato una disponibilità all’adesione all’ISKP (Islamic State Khorasan Province), un’organizzazione terroristica attiva nella regione del Khorasan, che comprende parti di Afghanistan, Pakistan, Iran e Turkmenistan.Questo singolo caso è emblematico di una tendenza allarmante: un numero crescente di giovani, alcuni dei quali ancora minorenni, si sta avvicinando a ideologie estremiste, spesso attraverso la manipolazione online. L’ambiente digitale, con la sua ubiquità e la sua capacità di aggirare i controlli tradizionali, si configura come un terreno fertile per la propaganda terroristica, che sfrutta le fragilità emotive, la ricerca di identità e il senso di ingiustizia presente in alcuni individui vulnerabili.Le agenzie di intelligence e le unità antiterrorismo italiane monitorano attentamente questo fenomeno complesso, la cui evoluzione è intrinsecamente legata agli eventi geopolitici in Medio Oriente. L’attuale escalation del conflitto israelo-americano, con le implicazioni che coinvolgono l’Iran, rappresenta un acceleratore della propaganda online. Tale propaganda, amplificata dai social media e dalle piattaforme di messaggistica criptata, può stimolare la formazione di “lupi solitari” – individui radicalizzati e motivati ad agire autonomamente, senza necessità di un’organizzazione strutturata.La minaccia dei lupi solitari è particolarmente insidiosa perché bypassa le tradizionali strategie di prevenzione e contrasto basate sull’individuazione e la disarticolazione di cellule terroristiche. Richiede, quindi, un approccio più sofisticato e proattivo che coinvolga non solo le forze dell’ordine e i servizi di sicurezza, ma anche istituzioni educative, associazioni di volontariato e famiglie.È fondamentale investire in programmi di educazione alla cittadinanza digitale, promuovendo la capacità critica e la consapevolezza dei rischi legati alla disinformazione e alla propaganda online. L’attenzione deve essere rivolta anche alla comprensione delle cause profonde che spingono i giovani verso l’estremismo: marginalizzazione sociale, crisi d’identità, sentimenti di alienazione e rabbia.La sfida è duplice: contrastare efficacemente la radicalizzazione online e, al contempo, offrire percorsi di reinserimento sociale e riabilitazione per coloro che si sono già avvicinati a ideologie estremiste. Un approccio integrato e multidisciplinare è l’unica via per proteggere la sicurezza nazionale e prevenire nuove tragedie. Il rischio di una radicalizzazione silenziosa, che si insinua nelle menti dei giovani attraverso la rete, richiede una vigilanza costante e un impegno collettivo.