Il crepuscolo si posava su Trieste, tingendo di malinconia il mar Adriatico, mentre Claudio Sterpin, avvocato dalla postura impeccabile, la giacca gessata un grigio arguto che contrastava con la gravità del momento, la cravatta un nodo di riserbo, abbandonava la sede del tribunale. Le sue parole, pronunciate tra i flash dei fotografi e il brusio dei giornalisti, rimasero incrollabili: Sebastiano Visintin possiede la chiave di comprensione dell’accaduto a Liliana. L’incidente probatorio, un banco di prova emotivo e legale protratto per più di cinque ore sotto lo sguardo attento del Giudice per le Indagini Preliminari, Flavia Mangiante, aveva lasciato Sterpin saldo nelle sue convinzioni. Nonostante le ore di interrogatorio, le ricostruzioni, le dichiarazioni contrastanti, il suo punto di vista non aveva vacillato. L’incidente probatorio, più che un semplice strumento processuale, si era rivelato una lente d’ingrandimento sulle dinamiche di una vicenda avvolta nel mistero, un tentativo di disvelare la verità celata dietro il dolore e il silenzio. La complessità del caso Liliana, noto per la sua intricata rete di relazioni, segreti e omissioni, si è concentrata in quel singolo punto: la presunta conoscenza di Visintin. Sterpin, navigato professionista, intuisce che Visintin, forse involontariamente, detiene informazioni cruciali che potrebbero illuminare gli oscuri meandri della vicenda. La sua affermazione, ripetuta con forza, non è solo una strategia difensiva, ma un’ipotesi basata sull’analisi attenta delle testimonianze e degli indizi raccolti. L’incidente probatorio, per sua natura, è un momento di profonda pressione psicologica. I testimoni sono messi a confronto diretto, le loro dichiarazioni vengono confrontate, le loro motivazioni scrutinate. È un terreno fertile per le contraddizioni, per le reticenze, per le rivelazioni inaspettate. Sterpin, esperto nel decifrare le sottigliezze del linguaggio del corpo e le sfumature del discorso, ha cercato di estrarre la verità da quel contesto carico di tensione. La questione non si limita a una semplice colpevolezza o innocenza. Si tratta di comprendere le ragioni dietro le azioni, le dinamiche relazionali che hanno portato a quella tragica situazione. La verità, in un caso del genere, è raramente netta e definita. È fatta di sfumature, di zone grigie, di interpretazioni possibili. E Claudio Sterpin, con la sua dichiarazione inequivocabile, ha appena aperto un nuovo, e potenzialmente cruciale, capitolo in questa intricata indagine. Il peso della verità, come il crepuscolo su Trieste, incombeva su tutti.