La tragedia che ha colpito la casa circondariale di Vasto, con il ritrovamento del suicidio di un uomo di 40 anni di origine magrebina affetto da disturbi psichici, solleva drammatiche questioni di sicurezza, risorse e umanità all’interno del sistema penitenziario italiano. Questo ennesimo decesso, che porta il bilancio dei detenuti scomparsi per suicidio dall’inizio dell’anno a un numero allarmante, evidenzia un profondo malessere che affligge non solo l’istituto abruzzese, ma l’intero sistema, aggravato da perdite ingenti tra il personale di polizia penitenziaria.Al di là della specificità del caso, che riguarda un individuo con evidenti vulnerabilità psichiatriche, la vicenda si inserisce in un contesto più ampio caratterizzato da una cronica carenza di risorse umane e strutturali. Sebbene la casa di lavoro di Vasto non sia afflitta da un sovraffollamento estremo – con 103 detenuti e internati rispetto a una situazione nazionale di circa 16.000 presunti in eccesso – il problema non risiede tanto nella densità numerica quanto nella grave carenza di personale della polizia penitenziaria. Un fabbisogno di 143 agenti si traduce in una presenza effettiva di soli 69, una disparità che compromette la capacità di garantire un adeguato livello di sicurezza e assistenza.La sezione dedicata alla tutela della salute mentale, dove il detenuto si è tolto la vita, è spesso priva di presidi, un dettaglio gravissimo che testimonia la precarietà dell’assistenza psichiatrica all’interno del sistema. A questa situazione critica si aggiungono difficoltà organizzative che riguardano anche l’area giuridico-pedagogica, con una presenza discontinua degli educatori, figure chiave per il reinserimento sociale dei detenuti.La denuncia del segretario generale della UILPA, Gennarino De Fazio, è un grido d’allarme che sottolinea la condizione di stanchezza fisica e demoralizzazione del personale penitenziario, esposto a turni massacranti che possono superare le 26 ore consecutive, configurando una sorta di “caporalato di stato”. La situazione è insostenibile e richiede interventi urgenti e concreti da parte del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e del Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Stefano Carmine de Michele.È imperativo attuare misure deflattive per ridurre la popolazione detenuta e, contemporaneamente, potenziare gli organici della polizia penitenziaria attingendo risorse da altre sedi ministeriali. La dignità umana, sia dei detenuti che degli agenti, è in gioco e richiede una risposta immediata e radicale, che vada oltre le dichiarazioni di intenti e si traduca in azioni concrete per garantire un sistema penitenziario più sicuro, più umano e più efficace. Il silenzio e l’inerzia non sono più ammissibili. La memoria di questa tragica vicenda debba stimolare un profondo cambiamento di rotta.