L’aula di Santa Maria Capua Vetere è il palcoscenico di un’udienza preliminare che scuote il sistema assicurativo e la fiducia nella giustizia, coinvolgendo 48 persone indagate nell’ambito di un’operazione che ha portato alla luce una rete complessa di truffe orchestrate a danno di compagnie assicurative per un valore complessivo di quattro milioni di euro. L’inchiesta, che ha visto l’arresto di 22 individui nel dicembre scorso, rivela un articolato sistema di collusioni tra figure professionali, inclusi medici, avvocati, falsi testimoni e procacciatori d’affari, in un quadro di dinamiche criminali strutturate e premeditate.L’indagine, avviata nel 2019 e condotta congiuntamente dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Aversa e dal Nucleo Anti-Sofisticazioni, NAS, di Napoli, ha messo in luce una drammatica erosione dell’etica professionale e un abuso di fiducia da parte di soggetti incaricati di tutelare la salute e il benessere dei cittadini. Inizialmente, la Procura, guidata da Pierpaolo Bruni e con la magistrata titolare Gerardina Cozzolino, aveva richiesto 54 misure cautelari, ma il successivo vaglio del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) alla luce delle disposizioni della cosiddetta “Legge Nordio”, ha portato all’emissione di 23 provvedimenti, tra arresti domiciliari e obblighi di firma. A 17 degli indagati è stata contestata l’associazione a delinquere, elemento che aggrava ulteriormente la gravità delle accuse. Pur essendo 504 le persone coinvolte nell’indagine, l’udienza preliminare si concentra su una cinquantina di “elementi chiave”, prevalentemente professionisti, che hanno ricoperto ruoli di primo piano nell’organizzazione criminale.Il cuore pulsante dell’operazione si è rivelato essere un presunto centro di fisioterapia a Casal di Principe, gestito da un individuo non abilitato, dove venivano simulati trattamenti inesistenti. I NAS hanno inoltre individuato e sequestrato tre centri diagnostici dislocati tra Caserta e Napoli, utilizzati per attestare falsi infortuni e terapie al solo scopo di ingannare le assicurazioni. Le attrezzature sequestrate in uno di questi centri sono state donate all’ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa, un gesto che, paradossalmente, sottolinea l’importanza del sistema sanitario pubblico in un contesto di profonda corruzione.L’inchiesta ha getto luce sul ruolo compromettente di medici in servizio in ospedali pubblici del Casertano, in particolare a Maddaloni e Marcianise. Tre di questi professionisti sono stati arrestati, accusati di aver certificato falsi infortuni in cambio di ingenti somme, tra i 200 e i 1000 euro per ogni certificato. Si tratta di una quantificazione che rivela una sistematica e spietata sfruttazione del proprio ruolo per fini illeciti. Alle loro spalle si nascondono sequestri per un valore complessivo di 660.000 euro, tra conti correnti e denaro contante ritrovato presso le loro abitazioni, inclusi 60.000 euro in una sola circostanza. Un esempio emblematico è il caso di Fiorito, il cui rilascio anticipato, disposto dal GUP in seguito a un’istanza presentata dal suo avvocato Pina Clemente, evidenzia la complessità delle dinamiche processuali in gioco.Le “vittime” di questi falsi incidenti, spesso persone in condizioni di indigenza, venivano reclutate dagli avvocati e retribuite con una media di 50 euro per la falsa intestazione di certificati medici. Chi non presentava pregressi infortuni veniva indirizzato agli ospedali di Maddaloni e Marcianise, mentre chi poteva dimostrare infortuni preesistenti si rivolgeva ad altre strutture sanitarie per ottenere certificati falsi. L’inchiesta svela dunque una catena di manipolazioni e collusioni, in cui la vulnerabilità economica e la fiducia nel sistema sanitario vengono sfruttate per fini illeciti, minando la legalità e la fiducia dei cittadini.