Il dibattito in corso all’interno del governo italiano verte sulla necessità di una profonda revisione delle procedure di protezione legale a favore del personale che opera in prima linea, esposto a rischi e situazioni di emergenza. L’obiettivo principale è mitigare la vulnerabilità di coloro che, nell’esercizio delle loro funzioni, si trovano ad affrontare scenari potenzialmente pericolosi, spesso con la necessità di ricorrere a misure di contenimento, inclusi l’uso della forza o delle armi.La proposta, come riportato dal Messaggero, non si limita a estendere la protezione agli agenti delle forze dell’ordine, ma ambisce a creare una rete di salvaguardia più ampia e inclusiva. L’estensione del beneficio a professionisti sanitari, medici e infermieri in particolare, riflette una crescente consapevolezza dei rischi che questi soggetti corrono quotidianamente, non solo in contesti urbani e di ordine pubblico, ma anche all’interno degli ospedali e delle strutture sanitarie, dove la gestione di pazienti agitati o in condizioni critiche può richiedere interventi rapidi e, talvolta, decisi.L’attuale sistema, caratterizzato da un’iscrizione automatica nel registro degli indagati in seguito a situazioni di pericolo, è percepito come eccessivamente punitivo e potenzialmente dissuasivo, spingendo il personale a esitare o ad agire in modo difensivo, con possibili ripercussioni negative sulla sicurezza pubblica e sull’efficacia dell’assistenza sanitaria. La proposta di rafforzamento delle tutele mira a garantire che tali professionisti possano operare con maggiore serenità, sapendo di non essere immediatamente sottoposti a un procedimento giudiziario che possa pregiudicare la loro reputazione e la loro carriera.La discussione si inserisce in un contesto più ampio di riflessione sulla figura del “tutela”, inteso non come un’impunità, ma come una garanzia di protezione contro azioni giudiziarie ingiustificate, basate su valutazioni superficiali e prive di una piena comprensione delle circostanze che hanno portato all’uso della forza o ad altri interventi necessari. Si intende, quindi, definire criteri più chiari e rigorosi per l’attivazione del beneficio, legati alla proporzionalità dell’azione posta in essere, alla sussistenza di una minaccia reale e imminente, e alla ragionevolezza del comportamento tenuto dal professionista.Il governo, pertanto, sta valutando l’introduzione di un meccanismo di “screening” preliminare, volto a valutare la congruità dell’azione in condizioni di stress e pericolo, prima di disporre l’iscrizione nel registro degli indagati. Si tratta di un intervento delicato, che richiede un bilanciamento attento tra la necessità di tutelare i professionisti e la garanzia di un efficace sistema di controllo e responsabilità, volto a prevenire abusi e a garantire la legalità. L’obiettivo finale è quello di assicurare che la “tutela” sia uno strumento di supporto e non di ostacolo alla ricerca della verità e alla giustizia.