Il rituale, apparentemente semplice, di una stretta di mano e due baci sulle guance, si è consumato nel maggio scorso all’interno del carcere di Sassari, un gesto di addio che, nel suo apparente banalezza, ha acceso un focolaio di riflessioni e interrogativi. L’avvocato Flavio Rossi Albertini, legale difensore di Alfredo Cospito, figura controversa legata a dinamiche anarchiche, ha compiuto questo gesto di saluto nei confronti del suo assistito, detenuto in condizioni drastiche previste dal regime del 41-bis.La formalità, che in una circostanza ordinaria si configurerebbe come un atto di cortesia, assume in questo contesto una valenza dirompente, un’eco di umanità che si infrange contro le barriere rigide del sistema penitenziario. Il 41-bis, regime di massima sicurezza, concepito per contenere figure considerate particolarmente pericolose per la sicurezza dello Stato, prevede restrizioni severe sui contatti, sulla corrispondenza e sulle attività carcerarie, mirando a isolare il detenuto dal mondo esterno.La presenza del personale della Polizia Penitenziaria, testimone silenzioso del gesto, ha immediatamente innescato una segnalazione al direttore del carcere, un atto dovuto e prevedibile, segno di come qualsiasi deviazione dalla norma, qualsiasi manifestazione di affetto o umanità, venga percepita come un potenziale elemento di rischio in un ambiente improntato alla sorveglianza e al controllo.L’evento trascende la semplice descrizione di un addio e si trasforma in un simbolo. Rappresenta il conflitto tra la necessità di sicurezza e il diritto all’umanità, la tensione tra l’applicazione rigorosa della legge e la compassione nei confronti di un individuo. Solleva interrogativi profondi sulla natura della detenzione, sul ruolo dell’avvocato come garante dei diritti del detenuto, e sull’impatto del regime speciale sulla dignità umana.La vicenda non è isolata. Si inserisce in un quadro più ampio di controversie relative all’applicazione del 41-bis, accusato da più parti di essere una forma di “detenzione solitaria di massa” e di violazione dei diritti fondamentali. La segnalazione al direttore del carcere apre una spirale di possibili conseguenze, che potrebbero includere l’inasprimento delle misure di sicurezza nei confronti di Cospito, la verifica della condotta dell’avvocato, e un’ulteriore polarizzazione del dibattito pubblico sull’opportunità e la legittimità del regime speciale. Il gesto, apparentemente lieve, si configura, quindi, come un detonatore di una complessa e delicata questione, che coinvolge diritti, sicurezza e la stessa definizione di giustizia.