Abruzzo, Giudice Minorenni sotto Assalto: Un Attacco alla Giustizia

Un’ombra si è abbattuta sul sistema giudiziario minorile abruzzese, un’ombra palpabile come un’eco di rabbia e dissenso.
La vicenda, nata da una decisione del Tribunale dei Minorenni dell’Aquila riguardante tre minori allontanati dal loro ambiente familiare – un contesto rurale, radicato nel cuore dell’entroterra abruzzese, tra i boschi di Palmoli – ha innescato una reazione sproporzionata, un’onda di violenza verbale e intimidazioni che mina i principi fondamentali dello Stato di diritto.
L’ordinanza di allontanamento, atto giudiziario complesso frutto di una valutazione approfondita di dinamiche familiari problematiche, è divenuta il fulcro di una gogna mediatica e digitale.

La Presidente del Tribunale dei Minorenni, la dottoressa Cecilia Angrisano, si è trovata al centro di un’escalation di insulti e minacce, riversate sui social media con una virulenza inaccettabile.
La sua identità, con dati personali sensibili come indirizzo, numero di telefono e indirizzo email, è stata esposta in rete, trasformando una questione giuridica in un attacco personale, un tentativo di intimidazione che va ben oltre la legittima critica.
Questa vicenda solleva questioni profonde e urgenti.

Innanzitutto, la libertà di espressione, diritto costituzionalmente garantito, non può essere un’arma per giustificare l’odio e la minaccia.

La critica all’operato di un giudice è ammissibile, anzi, auspicabile in una democrazia, ma il confine invalicabile è rappresentato dalla diffamazione e dalle minacce che mettono a rischio l’incolumità e la serenità della persona colpita.

In secondo luogo, l’episodio evidenzia una pericolosa deriva culturale, un clima di sospetto e radicalizzazione che permea il dibattito pubblico e si traduce in forme di violenza verbale e digitale.

La tendenza a demonizzare figure istituzionali, a ridurre questioni complesse a semplificazioni manichee, alimenta un terreno fertile per la nascita di nuove forme di intolleranza.

La vicenda dei tre minori, strappati al loro ambiente, diventa così simbolo di una frattura più profonda, di una crisi di fiducia nei confronti delle istituzioni e di un bisogno urgente di riconciliazione, di dialogo costruttivo, di educazione alla legalità e al rispetto delle diversità.
Proteggere i magistrati, tutelare la loro indipendenza e garantire la sicurezza personale è un imperativo non solo per il buon funzionamento della giustizia, ma per la salvaguardia dei valori democratici che fondano la nostra convivenza civile.
La reazione che ha investito il Tribunale dell’Aquila non è solo un attacco a un singolo magistrato, ma un attacco all’intero sistema giudiziario e, in ultima analisi, all’intera comunità.

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