Il caso Angelo Vassallo, sindaco di Pollica (Salerno) assassinato con nove colpi di pistola la sera del 5 settembre 2010 ad Acciaroli, si configura come un intricato labirinto di depistaggi, dinamiche criminali radicate e lentezze giudiziarie che hanno segnato un quindici anni e undici giorni di attesa prima di un primo, seppur parziale, scrutinio da parte della giustizia.
La vicenda trascende la mera dinamica di un omicidio politico, divenendo uno specchio delle complessità che permeano la realtà socio-economica dell’entroterra salernitano.
Vassallo, figura emergente impegnata in una politica di rinnovamento amministrativo e nella lotta contro le collusioni tra politica e affari, incarnava un’incombenza per interessi consolidati, profondamente intrecciati con il controllo del territorio e l’economia locale.
La sua azione amministrativa, incentrata sulla trasparenza, la legalità e la valorizzazione del patrimonio agricolo e culturale, aveva inevitabilmente intaccato equilibri precari, generando una rete di inimicizie e ostilità.
Il percorso investigativo, fin da subito, fu ostacolato da una serie di elementi che suggeriscono una pianificazione accurata del depistaggio.
Testimonianze contraddittorie, alibi inaffidabili, la scomparsa di prove cruciali e una generale reticenza da parte della comunità locale, hanno contribuito a creare un muro di silenzio che ha rallentato le indagini e protetto i responsabili.
L’assenza di un movente apparente, inizialmente, alimentò una serie di piste investigative, che si rivelarono infondate, distogliendo l’attenzione dalle reali dinamiche criminali in gioco.
La storia di Vassallo è anche un esempio di come la criminalità organizzata, agendo nell’ombra, possa condizionare la vita politica e amministrativa di un territorio, sfruttando la fragilità delle istituzioni e la connivenza di alcuni attori locali.
Le indagini, nel corso degli anni, hanno portato alla luce intrecci complessi tra attività illecite, corruzione e interessi economici, che hanno coinvolto esponenti politici, imprenditori e membri della criminalità organizzata.
La lentezza del sistema giudiziario, aggravata da errori procedurali, depistaggi intenzionali e, forse, anche da un certo disinteresse mediatico, ha contribuito a perpetuare un clima di incertezza e frustrazione nella comunità di Pollica e tra i familiari di Angelo Vassallo, che hanno sempre rivendicato verità e giustizia.
Il caso, lungi dall’essere chiuso con questo primo momento di verifica giudiziaria, solleva interrogativi profondi sulla necessità di una riforma del sistema giudiziario, sulla tutela dei testimoni e sulla protezione delle figure che si impegnano a combattere la criminalità e a promuovere la legalità.
La memoria di Angelo Vassallo, e la ricerca della verità sulla sua morte, restano un monito costante per tutti coloro che credono in un futuro di giustizia e trasparenza.