La sentenza del Tribunale di Prato ha sancito l’assoluzione piena di Mario Cusimano, figura chiave come tecnico manutentore presso l’azienda tessile dove, il 3 maggio 2021, Luana D’Orazio, giovane lavoratrice di ventidue anni e madre di un bambino di dieci anni, perse tragicamente la vita, intrappolata in un orditoio.
La decisione, emessa dal giudice Jacopo Santinelli al termine di un processo ordinario, chiude un capitolo doloroso e complesso, sollevando interrogativi profondi sulla sicurezza sul lavoro, le responsabilità aziendali e il ruolo del personale tecnico.
La vicenda, che ha scosso la comunità pratese e l’intero settore tessile, ha posto al centro del dibattito la questione della prevenzione degli infortuni in un ambiente lavorativo spesso caratterizzato da ritmi serrati e da macchinari complessi.
Luana D’Orazio, simbolo di una generazione di giovani costretti ad affrontare precarietà e sfide economiche, si è spenta in circostanze drammatiche, lasciando un vuoto incolmabile nella sua famiglia e nella sua comunità.
L’assoluzione di Cusimano, pur riconoscendo la sua estraneità alla commissione del reato, non estingue il dolore e l’amarezza per la perdita di una giovane vita.
Essa, piuttosto, riapre la discussione sulle responsabilità che gravano sulle aziende tessili, spesso accusate di scarsa attenzione alla sicurezza dei propri dipendenti, con tagli ai costi che hanno compromesso la manutenzione degli impianti e la formazione del personale.
La tragica morte di Luana D’Orazio ha portato alla luce una serie di lacune nel sistema di controllo della sicurezza sul lavoro, evidenziando la necessità di rafforzare i controlli da parte degli organi di vigilanza e di promuovere una cultura della prevenzione più radicata nel tessuto aziendale.
L’incidente ha gettato ombre su protocolli e procedure, sollevando interrogativi sull’adeguatezza delle misure di sicurezza implementate e sulla formazione specifica fornita ai lavoratori.
Si rende necessario un esame approfondito delle dinamiche che hanno portato a questa tragedia, andando oltre la semplice responsabilità individuale per analizzare le dinamiche aziendali e le pressioni economiche che possono aver contribuito a creare un ambiente di lavoro pericoloso.
La vicenda deve fungere da monito, spingendo verso un cambio di paradigma, volto a prioritizzare la tutela della vita e della salute dei lavoratori, anche a costo di rallentare la produzione e ridurre i profitti.
La memoria di Luana D’Orazio debba ispirare azioni concrete, volte a garantire che simili tragedie non si ripetano più, assicurando un futuro più sicuro e dignitoso per tutti i lavoratori del settore tessile e non solo.








